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L’ANALISI DEL GIORNO DOPO – Addio Coppa Italia, svanito l’ennesimo obiettivo: sognare resta un’utopia

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Siamo giunti al 21 gennaio 2016 e fino ad ora la stagione recita tre obiettivi falliti: Supercoppa Italiana, Preliminare di Champions e Coppa Italia. Questo bigliettino da visita fa presagire ad un finale di stagione all’insegna di una lenta e tacita sofferenza caratterizzata da pareggi e sconfitte interrotte di tanto in tanto da qualche vittoria. Questa è la Lazio di quest’anno: imprevedibile, umorale, in grado di andare a vincere sui campi di Inter e Fiorentina e di concludere 0 volte verso la porta del Carpi. A molti verrebbe da etichettarla come una “squadra pazza”, ma una squadra pazza, ieri sera, dopo essersi presa la nomea di “ammazza-grandi”, avrebbe conquistato la semifinale di Coppa Italia, tirando fuori dal cilindro la prestazione della stagione e invece…
I biancocelesti aspettavano questo impegno da un mese, o meglio lo aspettavano i tifosi per provare a dare un senso a una stagione su cui già scorrono i titoli di coda. Per la Juventus invece è stata soltanto una delle tante battaglie da vincere. C’è una differenza non tanto sottile tra le due cose e ieri sera la si è vista in campo.
Ci hanno provato i ragazzi di Pioli, ma contro questa Juve provarci non basta. Sarebbe naturale essere arrabbiati con i giocatori, ma poi, mettendo a paragone le due rose, ci si accorge che l’ultima delle riserve dei bianconeri oggi sarebbe titolare inamovibile nella Lazio. Troppa differenza di ingaggi e di investimenti in sede di mercato. La squadra di Allegri nella precedente stagione ha vinto uno scudetto, una Coppa Italia e raggiunto una finale di Champions. La Juventus, in estate, è stata costruita per alzare la coppa dalle grandi orecchie, sfuggita l’anno scorso e per continuare a dominare in Italia. La Lazio invece? Nella stagione più importante degli ultimi 11 anni, sono stati acquistati quattro parametri 0, uniti a due ottimi giovani di prospettiva che fino ad oggi hanno spostato poco gli equilibri.
Non c’è dubbio che questa sia un’annata sfortunata, ma dove non arriva la fortuna deve arrivare la competenza e la programmazione. Pensare di affrontare 10 mesi di partite con la coppia di centrali difensivi composta da de Vrij e Gentiletti, entrambi soggetti a problemi fisici, è da presuntuosi e incoscienti. Senza Biglia non c’è un minimo di gioco e l’infortunio di ieri, che lo terrà fuori minimo tre settimane, inguaia ancor di più il tecnico. Non bastava perdere la partita ed abbandonare una competizione così importante ma, come spesso accade quando si parla di Lazio, oltre il danno arriva la beffa. Un’alternativa in quel ruolo non verrà acquistata ripetendo per l’ennesima volta che il sostituto dell’argentino è Cataldi, mentre Pioli in assenza del capitano dovrà rispolverare Onazi o cambiare addirittura modulo. La coperta è corta in tutti i reparti soprattutto in difesa. Ottimo l’impatto con il calcio italiano di Bisevac, ma non può bastare solo il suo innesto. Dagli ultimi minuti di Lazio-Sampdoria, giocata il 14 dicembre, ci sono fuori 4 difensori titolari a cui va aggiunto anche il portiere. La pubalgia di Basta, la stagione finita di de Vrij, il ginocchio di Gentiletti che non vuole sgonfiarsi, non possono lasciare inoperosa la società. Per non parlare del centrocampo dove l’assenza ingiustificata di Parolo continua a pesare o dell’attacco, dove nessun interprete che sia Klose, Matri o Djordevic riesce a fare meglio del compagno di reparto. Questo gruppo è andato a mille l’anno scorso perché aveva al proprio fianco un popolo e la leggerezza di chi poteva solo fare meglio dei propri predecessori. Dopo il “LIBERA LA LAZIO” era facilmente ipotizzabile una stagione sopra le righe e così è stato, ma è quando bisogna riconfermarsi che arriva il difficile. Dopo tre obiettivi falliti ne rimangono due: Campionato e Europa League.
Il primo resta difficile da raddrizzare, mentre per il secondo ci sono buone possibilità di proseguire il cammino. Mancano quattro mesi alla fine di questo incubo, farlo diventare un sogno è quasi impossibile, ma almeno non rendetela un’agonia
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