Hanno Detto
Siviglia: «La Lazio il capolavoro della mia carriera. Sulla chiamata di Lotito vi svelo una cosa»

Siviglia in una lunga intervista a ‘La Gazzetta dello Sport’ ha ripercorso la sua esperienza con la Lazio svelando anche qualche aneddoto
La storia di Sebastiano Siviglia è un inno alla resilienza: un difensore capace di risorgere dopo ogni stop, diventando il simbolo di una Lazio “operaia” e coraggiosa. Dopo tre anni di silenzio seguiti all’esperienza di Potenza, ha risposto alla chiamata dell’amico di sempre, Simone Inzaghi, per raggiungerlo nello staff tecnico dell’Al-Hilal. Ecco il suo racconto a La Gazzetta dello Sport sull’esperienza con la Lazio.
LA CHIAMATA DI LOTITO «Tournée a Valencia col Parma. Notte inoltrata, tipo le due. Squilla il telefono. “Ao’, è Siviglia? Vieni a giocare con noi?”. Chiesi chi fosse. “Sono il presidente Lotito”. Sono stato uno dei suoi 9 acquisti in un giorno».
LO SCETTICISMO INIZIALE «Sì, anche in virtù del mio passato alla Roma. Qualcuno mi chiamava spia. Ma il tempo ha cancellato tutto. La Lazio è stata il capolavoro della mia carriera. La compagna con cui sarei invecchiato».
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IL RICORDO PIÙ BELLO «Il gol di tacco alla Fiorentina nel 2010, che io chiamo “il tacco di Dio”. L’ultima rete in A nell’ultimo anno da calciatore. Cancellai i fischi dell’anno prima, quando festeggiai un gol al Torino mettendo le mani alle orecchie».
IL GESTO VERSO LA CURVA «Stavamo andando male, i tifosi erano incazzati. Volevo dire alla curva di starci vicino, ma lo stadio mi fischiò. Io ero a terra, deluso. Quel tacco alla Fiorentina ha rimesso a posto le cose. Ma se fosse stato per me avrei giocato un altro anno alla Lazio».
ANEDDOTO SU LOTITO «La notte prima della finale di Coppa Italia del 2009 mi chiamò, di nuovo. “Sebastiano, dobbiamo vincere”. “Domani ad alzare il trofeo saremo noi”. Fu il primo della sua gestione, seguito dalla Supercoppa l’anno dopo a Pechino».