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Lazio, qual è stata la più grande vittoria di tutti i tempi? Sentite cosa ha appena detto quel grande ex

Marchetti e il legame eterno con i biancocelesti: tra trionfi, difficoltà e amore per Roma sponda Lazio
Federico Marchetti, ex portiere dell’Aquila e protagonista di una parte importante della storia recente della Lazio, ha rilasciato una lunga e intensa intervista alla Gazzetta dello Sport. Nel corso della chiacchierata, l’ex estremo difensore ha affrontato temi profondi e personali come la depressione, il valore della fede e le difficoltà vissute lontano dal campo, ma ha dedicato ampio spazio anche al suo legame con il mondo biancoceleste, che ancora oggi resta fortissimo.
Parlando della sua esperienza alla Lazio, Marchetti non ha nascosto l’emozione: “Ho ricordi magici. Ancora oggi mi capita di incontrare persone che si fermano per strada e raccontano ai figli: ‘Lui era il portiere della finale del 2013’. Siamo diventati immortali con quella vittoria”. Un riferimento chiaro alla storica Coppa Italia vinta contro la Roma, un successo che ha segnato in modo indelebile la carriera di molti protagonisti di quella squadra e che ha rafforzato il legame tra Marchetti e l’ambiente laziale.
L’ex numero uno biancoceleste è poi tornato sul periodo più difficile della sua avventura alla Lazio, quando finì fuori rosa. Alla domanda su eventuali sue responsabilità, la risposta è stata netta: “Sinceramente no. Roma è una piazza complicata: fai un errore e ti mettono in croce”. Marchetti ha ricordato anche i commenti e le voci che circolavano su di lui in quel periodo, spesso legate in modo superficiale e scorretto alla sua depressione. “Si diceva che uscivo la sera, che avevo vizi particolari: tutte bugie. Ma capisco che uno che fa uso di cocaina faccia più click di un depresso”, ha spiegato con grande sincerità.
Infine, Marchetti ha raccontato il momento toccante del suo ritorno allo stadio Olimpico con un’altra maglia: “Altroché se ho pianto. Roma è casa mia, ci vivo ancora. Quelle lacrime erano doverose”. Un gesto spontaneo che però non fu compreso dai tifosi rossoblù, che lo etichettarono come “laziale”. Un appellativo che, alla luce del suo racconto, suona quasi come un riconoscimento naturale di un legame che il tempo non ha mai spezzato.
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