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Giaccherini: «Sarri un integralista, non mi faceva giocare perché…»
Giaccherini: «Sarri un integralista, non mi faceva giocare perché…». Le dichiarazioni dell’ex centrocampista di Juventus e Napoli
In una lunga intervista concessa a La Gazzetta dello Sport, Emanuele Giaccherini ha ripercorso le tappe salienti della sua carriera, soffermandosi con un velo di amarezza sulla sua esperienza al Napoli. Un capitolo che, nelle intenzioni, doveva rappresentare la consacrazione definitiva dopo un Campionato Europeo, quello del 2016, giocato da assoluto protagonista con la maglia della Nazionale di Antonio Conte.
Arrivato all’ombra del Vesuvio sull’onda dell’entusiasmo generale, Giaccherini scelse il progetto ambizioso di Maurizio Sarri, attuale tecnico della Lazio, per tornare a calcare i palcoscenici di un grande club. Le aspettative erano altissime, ma la realtà si rivelò molto diversa, lasciando un sapore amaro per un’occasione mai pienamente colta. Il feeling tecnico con l’allenatore toscano, infatti, non sbocciò mai, limitando drasticamente le sue possibilità di mettersi in mostra e di contribuire alla causa azzurra come avrebbe desiderato.
A distanza di anni, l’ex centrocampista della Juventus e della Nazionale analizza con lucidità le ragioni di quel mancato idillio, descrivendo un ambiente tatticamente molto rigido e con gerarchie quasi impossibili da scalfire. «Non mi è stato permesso di restituire alla città quanto avrei voluto. Tutto si conclude senza rancore, ma il dispiacere resta. Venivo dal punto più alto della mia carriera, scelsi Napoli per tornare in una big ma Maurizio era un integralista: giocavano solo i suoi e subentravano sempre gli stessi 2-3. Oggi è migliorato, però a me vedeva come vice-Callejon e io con lui c’entravo poco, così chiesi di andare via».
Le parole di Giaccherini evidenziano la frustrazione per essere stato confinato in un ruolo, quello di semplice alternativa all’instancabile esterno spagnolo, che sentiva non valorizzare appieno le sue caratteristiche. Una visione tattica “integralista”, come la definisce lui stesso, che lo ha spinto a cercare altrove la fiducia e lo spazio che sentiva di meritare, chiudendo un’avventura partita con grandi premesse ma terminata con il grande rammarico di un potenziale rimasto inespresso.