Derby e veleni, una storia che si ripete - Lazio News 24
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2015

Derby e veleni, una storia che si ripete

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Il derby Roma-Lazio non è finito domenica, ma è proseguito con i botta e risposta al veleno di Lotito da una parte e di Baldissoni e Pallotta dall’altra. Come scrive il Corriere dello sport, già prima di Lotito, fra i club della capitale non erano mancati gli screzi. Cragnotti e Franco Sensi si pizzicavano per la storia dello stadio però anche questo succedeva mezzo secolo dopo che il mercato aveva creato le prime insanabili rotture. Nell’estate del ‘58, i tifosi laziali si infuriarono con la loro società per la scelta del nuovo allenatore, Fulvio Bernardini, ex della Roma di Testaccio, e per la contemporanea cessione di raggio di luna Arne Selmosson alla Roma. “Dopo tre anni tornai a Udine prima che la caciara tra romanisti e laziali mi intronasse del tutto“, era svedese, ma lo disse in romanesco. Il doppio salto lo fece poi Ciccio Cordova a metà anni ‘70 e generò una forte tensione nella capitale, così come sarebbe accaduto per il passaggio di Lionello Manfredonia dalla Lazio alla Roma via-Juve. “Per rispetto dei tifosi, non avrei mai dovuto accettare quel trasferimento“, ha detto di recente. In curva Sud formarono il club “Anti-Manfredonia”. Sempre per una questione di mercato si era accesa nel ‘98 una lite furibonda fra Roma e Lazio, fra Sensi e Cragnotti che soffiò Dejan Stankovic, destinato alla Roma, al collega giallorosso. Lo scontro ha avuto un’accelerazione con l’arrivo di Lotito alla guida della Lazio. E’ difficile far risalire a un evento particolare la lite fra la Lazio lotitiana e la Roma di Sensi (Rosella in particolare) e degli americani. Il numero uno laziale stuzzicava di continuo la sponda opposta con la storia della Lazio prima squadra della capitale e Rosella Sensi gli rispose: “Per numeri, fatti e vittorie la prima squadra della capitale è la Roma, Lotito se ne faccia una ragione“. Più o meno in quel periodo, Spalletti (allenatore della Roma) e Tare (diesse della Lazio) si scontrarono duramente in tv dopo un derby. Tare: “Mister, non sei corretto“. Spalletti: “Tu sei venuto col dito alzato sotto il naso e io ti ho detto di levare quel dito“. Tare: “Se sei un uomo devi dire cosa mi hai detto davvero”. Spalletti: “Ti ho detto che quel dito dovevi mettertelo da un’altra parte“. Quando Dibenedetto prese la Roma, Lotito lo mise in guardia alla sua maniera. “Il bilancio è pubblico e alla fine la Roma chiuderà la stagione con 40 milioni di debiti. Poi dovrà immettere altro denaro per fare la squadra. Il nuovo stadio? Non è che arriva l’americano e fa lo stadio. Stiamo a Roma, e non in America, le paludi burocratiche italiane le conoscono tutti“. Qualche tempo dopo: “Io ci metto la faccia, nella Roma invece non si capisce chi sia l’interlocutore“. Arriviamo a questi tempi. Alla vigilia del derby della stagione scorsa, Garcia era entrato con durezza su Reja. “È la persona che ha detto che vedrebbe di buon occhio l’infortunio di un romanista? Non dobbiamo dimenticare che noi siamo anche educatori, oltre che allenatori. Se uno pubblicamente dice queste cose nello spogliatoio che significa? Che bisogna rompere una gamba? Che si deve ammazzare qualcuno? Io chiedo all’arbitro di stare molto attento a tutti i duelli e i contrasti, non voglio avere infortunati”. I due tecnici si erano poi chiariti a Coverciano. All’inizio di questa stagione, lo scontro per Astori mentre stava esplodendo la federcalcio: Lotito con Tavecchio, la Roma con la Juventus all’opposizione. Conseguenza di quella rottura anche lo scontro Lotito-De Rossi in Nazionale. L’invadenza del presidente era diventata ingestibile. Era presente ovunque, anche nei pressi dello spogliatoio dell’Italia a Bari, prima e dopo l’amichevole con l’Olanda, e De Rossi non aveva gradito: “Mi hanno detto che può starci perché è consigliere federale. Siccome i consiglieri sono 21, spero che non vengano tutti“.

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