Veron: «Vi racconto la mia Lazio. Sinisa il migliore con cui abbia mai giocato»
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Veron: «Vi racconto la mia Lazio. Sinisa il migliore con cui abbia mai giocato»

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Juan Sebastian Veron si è raccontato in una lunga intervista per i microfoni di Radiosei: le parole dell’ex Lazio

Juan Sebastian Veron è intervenuto ai microfoni di Radiosei. Dai racconti della sua grande Lazio, all’Argentina di Scaloni, passando per l’inevitabile pensiero a Mihajlovic: ecco le sue parole:

MIHAJLOVIC – «Ho seguito tutta la malattia di Sinisa in questi anni, a volte parlavo con Stankovic o Mancini per sapere come stava. Ultimamente scrivevo ad Arianna. Quando è successo ero con Vieri e Nesta in Qatar. Appena lo abbiamo saputo c’è stato un silenzio incredibile. C’erano Milito, Zanetti, Cordoba e nessuno ci credeva. Era un ragazzo e un uomo forte. Tutti pensavamo che potesse succedere a chiunque di noi, ma non a lui. Sinisa per me era un fratello maggiore. Restavo con lui in allenamento per calciare le punizioni e imparare, fino ad arrivare a gareggiarci. Io le tiravo bene, ma lui era un grandissimo. Ho giocato con Messi, Maradona, ma per me Sinisa era il migliore, noi sapevamo che da un calcio d’angolo, se battuto da lui, poteva nascere un gol. Ho un ricordo allegro di lui, il suo sorriso, la sua grinta, l’essere sempre positivo in situazioni complicate. Questo mi rimane. Io se parlo di lui mi viene un sorriso e questa è una cosa bella. Poi è normale che mi manchi, ho perso un fratello. Da quando sono arrivato alla Sampdoria siamo sempre stati insieme, mi ha aiutato ad abituarmi a un nuovo paese. È sempre stato disponibile. Non posso dire altro, se non che il ricordo che ho di lui è di un uomo che sembrava duro, ma in realtà era dolce, con ideali forti, molto di spessore. L’unica tristezza è che manca un uomo sempre col sorriso. Io con lui ho condiviso quasi tutta la carriera in Italia, come con Mancini. Quando sono tornato in Argentina mi sono portato molti loro insegnamenti».

LAZIO «Eravamo tutti di carattere forte. Non era una rosa facile da gestire, per me l’unico che poteva fare e che lo ha fatto è stato Eriksson. In quell’epoca chi gestiva meglio gli spogliatoi vinceva il campionato, come noi. Era essenziale in quegli anni. Tutti volevano giocare, ma andavano in campo in undici, quindi non era facile, però eravamo tutti intelligenti. Capivamo il ruolo e il momento, alla fine tutti abbiamo dato il contributo. Questa esperienza mi ha aiutato in Argentina quando ho dovuto gestire alcuni ragazzi. Sono stati anni bellissimi e sentire i tifosi della Lazio è sempre bellissimo, è gente che non dimentica». 

MARADONA E MESSI – «Oggi compararli mi sembra ingiusto. Maradona ha avuto la sua epoca e ci ha fatto vedere un calcio che non vedremo più, ispirando tutti i bambini. Noi argentini siamo venuti in Italia perché ci giocava lui. Il calcio ci ha dato anche Messi che in questa epoca ci ha fatto sognare. Quando c’era Diego non c’erano i cellulari o i media. Oggi sai la vita del giocatore in ogni momento, quindi la vicinanza che hai col giocatore è diversa. Ma entrambi hanno dato tanto al calcio».

SCALONI – «Ha funzionato come figura. Ha fatto l’impresa di fare un cambio generazionale, inserendo i nuovi e far uscire la vecchia armata. Ha avuto molto coraggio. Piano piano ha percorso la strada incontrando le difficoltà classiche, evidenti soprattutto nell’Argentina dove la pressione è tanta. Oggi si dimostra un grande allenatore. Ha messo in campo una squadra feroce e con un buon gioco. Credo che Messi si è reso consapevole dell’importanza all’intera squadra, sapeva di essere l’idolo dei ragazzi entrati nella nuova Argentina e li ha condotti da leader, da saggio».

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