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2015

Papà Stellone: “Io laziale vero! Ma oggi tiferò per Roberto…”

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Oggi per Gaetano Stellone, papà di Roberto, Lazio-Frosinone avrà un sapore particolare: “Sono della Lazio fino al midollo, ma sono soprattutto padre. Tiferò per Roberto, per il Frosinone. Ci proveremo come con la Juve. Noi non molliamo mai – ha esordito ai microfoni de La Gazzetta Dello Sport -. Come mi sono avvicinato al calcio? Io mi allenavo con Mennea… Il provino con la Lazio? Entrai in sede e vidi un coppone enorme (Juan Carlos Lorenzo, ndr). Dietro c’era il presidente Lenzini. Firmai tremando. L’ingaggio era di 450 mila lire, il minimo. Con me anche Chinaglia, Wilson, Nanni, Facco, Ferruccio Mazzola, Massa, Papadopulo. La Lazio mi è rimasta sempre nel cuore”. Come si fa a non ricordare Chinaglia: “Si faceva spesso vivo quando tornavo a Roma dai vari prestiti. Gigante buono e leader duro, cattivo in partita. Le ho vissute quelle gare infrasettimanali: intense, accadeva di tutto, se non eri sveglio ti facevano male. Maestrelli lasciava fare e insegnava calcio”. Maestrelli che ricorda qualcuno… “Con le proporzioni del caso, appena ho visto mio figlio Roberto allenare, mi è tornato in mente lui: per lo studio delle partite e il rapporto con i giocatori. Pacato ma deciso, sicuro. Ah, so bene che anche con Roberto allenatore non avrei giocato…”. Roberto non tifa Lazio, ma ai biancocelesti ci è stato molto vicino: “Innamorato di Van Basten, il suo idolo. Pianse quando gli dissero che era troppo piccolo per un provino con Morrone per le giovanili biancocelesti. Lui aveva tutto: sinistro, corsa, tecnica ed elevazione. Io ero più un’ala. L’ideale sarebbe stato giocare insieme: i miei cross per i suoi colpi di testa. Quando ha smesso, ho pianto. Nel 2005 sfiorò la Lazio. Veniva dal torneo super col Genoa (18 gol, in B). Il Torino anticipò tutti, ma mi sarebbe piaciuto vederlo con l’aquila sul petto. Io laziale vero? Seguo, tifo e gioisco. È tornato un club forte, quest’anno farà meglio. Pioli? È bravo. Lotito voleva il Frosinone ancora in B? Lo speravano in tanti, nessuno lo diceva. Che conta una frase al telefono? Ma io e Roberto facemmo gli scongiuri: sono serviti”.

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