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Lotito: «Fare il tifoso non è una professione. Un giorno incontrai Diabolik…»

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Il numero uno biancoceleste dice la sua sui tifosi e il mondo ultras

Nella serata di venerdì il presidente della Lazio Claudio Lotito ha partecipato ad un evento a Mugnano in Teverina nel quale ha parlato del rapporto con la tifoseria e molto altro. Ecco le sue dichiarazioni riportate da Tusciaweb.

TIFOSI – «Il tifoso non si può fare di professione per guadagnare soldi. Tifoso significa appassionato e la passione si persegue sempre nel rispetto delle regole. Quando non ci sono delle regole, e nessuno cerca di farle rispettare, è come un torrente che esonda e si confondono i ruoli. Il tifoso deve fare il tifoso, può anche criticare nell’accezione semantica. Ma quando si vuole condizionare l’operato delle persone per fini personali si può finire in logiche perseguite anche dal codice penale».

DIABOLIK – «Quando diventai presidente l’allora direttore Giuseppe De Mita, figlio del leader democristiano Ciriaco, mi disse che avrei dovuto incontrare una delegazione di tifosi. Pensavo fossero i sindacati. Mi disse anche “dove li vuoi incontrare? Qui o fuori?”. Decisi di incontrarli dandogli appuntamento a Piazza Cavour, davanti al cinema Adriano, a Roma. Si presentarono quattro persone e uno di questi, pace alla sua anima, era Diabolik (l’ultrà ucciso a sangue freddo lo scorso 7 agosto ndr.) Piscitelli si presentò e mi disse “presidè, buonasera, io sono Diabolik. Lo guardai e gli risposi “buonasera, ispettore Ginko”. Diabolik mi chiese se stavo scherzando. No, gli risposi. E dissi “io sto dalla parte delle guardie”. Devo però dire che Diabolik, rispetto agli altri, era una persona che aveva capito con chi si scontrava».

ULTRAS – «Percepii subito che c’era qualcuno che utilizzava il calcio per altri fini e amavo dire “mi porti la carta d’identità, mica c’è scritto professione tifoso”. Sono contro i soprusi, è una mia indole, fa parte del mio DNA, per l’educazione cattolica, rigorosa, che ho avuto. Mi ribello con tutti i mezzi legali che ho a disposizione. Probabilmente i miei colleghi in passato non l’hanno fatto perché era più comodo assecondare certe situazioni… Vincere per merito ha una sensazione completamente diversa».

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