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Montesano: «Chinaglia è la Lazio, Maestrelli unico». Nesta invece…

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ESCLUSIVA LAZIO NEWS 24 / La seconda parte dell’intervista all’attore e tifoso biancoceleste Enrico Montesano che racconta del suo rapporto con i personaggi storici della Lazio

Nella prima parte dell’intervista, Enrico Montesano ha spiegato il significato del concetto di «Lazialità» e raccontato il motivo per cui da bambino ha scelto di sostenere i colori biancocelesti. La conversazione però continua, lo speciale tifoso si è soffertato stavolta su coloro che sono stati i simboli della storia della Lazio. Da Giorgio Chinaglia a Beppe Signori, passando per Pierluigi Casiraghi e Alessandro Nesta. Parola al protagonista:

Chi è per lei Chinaglia?
«Per quelli della mia generazione è un mito. Il nostro periodo era quello col Presidente Lenzini, del mister Maestrelli e quindi di “Giorgione”, capitan Wilson, Frustalupi… e anche quella Lazio precedente, che veniva dalla Serie B e giocava con la tuta blu, con in campo Manservisi, Ghio. Era una squadra abbastanza corsara. Che dire di Giorgio. Lui è la Lazio, la potenza, era il centravanti per eccellenza. Mi viene in mente un derby vinto 2-1. Uscì dal tunnel degli spogliatoi col pugno rivolto verso la Sud, sfidando la platea giallorossa. Era coraggioso. Una volta lo andai a trovare negli Stati Uniti quando giocava nei Cosmos. Era una partita amichevole, scesi negli spogliatoi dove c’era gente come Pelè. Chinaglia si sorprese di vedermi e mi disse: “E che ci fai tu qua, te possino… forza Lazio!”».

Un altro personaggio mitico è Signori…
«Anche lui è rimasto nel nostro cuore e sono felice che nel Bologna sia rinato e dimostri ancora quanto è grande. E’ stato uno dei giocatori più belli per la Lazio. Aveva uno scatto potente, saltava l’uomo con facilità e tirava di sinistro».

E Gascoigne invece?
«No comment, non mi è mai piaciuto molto. Grande calciatore per carità, ma non ci è servito molto, preferisco non parlarne».

Giordano però…
«Bruno si, è stato l’anima trasteverina della Lazio! E’ un laziale romano. E’ la sfrontatezza, la scaltrezza, l’ironia. Anche lui è tra i grandi di questo club».

Un altro romano laziale è Nesta…
«Grandissimo difensore, deve frenare però la sua generosità. Fossi in lui andrei a ripassare qualche tecnica difensiva di Pino Wilson, “Er muro de Roma”. E’ vero che ha un compito difficile, cioè quello di sopperire alla lentezza di qualche suo compagno di reparto. Qualcuno che tuttavia ha i missili ai piedi e può risolvere il match in qualsiasi momento (chiaro riferimento a Mihajlovic, ndr). Anche se dicono che le bandiere non esistono più, Alessandro può diventare il nostro emblema».

E di Poli e Fiorini cosa ne pensa?
«Per quanto riguarda il Centenario della Lazio ho notato che c’era Fiorini, senza il suo gol non staremmo qui a parlare della Lazio di Cragnotti. Ma nessuno ha nominato Poli. Il suo gol, durato un’eternità, ci ha permesso di non andare in Serie C e scomparire. La “Lazio dei -9” è quella a cui probabilmente voglio più bene. Sono andato a trovarli a Gubbio, sono stato con Fascetti, col presidente Calleri e a Napoli il giorno di quella importante partita. Abbiamo fatto un po’ di footing sul lungomare, poi sono stato coi calciatori. Poli e Fiorini rappresentano l’immagine della Lazio, semplice e umile ma capace di grandi imprese».

Una battutina su Maestrelli, Eriksson e Zoff…
«Penso a Maestrelli e rivedo la Lazio der Sor Umberto. Ricordo di un match con lo stadio scoperto, pioveva. Quando segnavamo mi dava delle gran botte in testa, andavo sempre con lui allo stadio. Mi voleva assai bene. Giocavamo nell’impianto di Tor di Quinto (ora chiamato il “Maestrelli”), quella era una squadra talmente artigianale che si allenava vicino alla gente. E spesso usavamo lo spogliatoio della Prima Squadra. Indossavo le ciabatte di Re Cecconi, c’aveva ‘na fetta… (ride, ndr). Stavamo con loro, scherzavamo con loro. C’era la Sora Gina che lavava le magliette, Pelè che lucidava gli scarpini. Poi andavamo a trovare Tommaso nella sua stanza e ironicamente mi diceva di fare la formazione di domenica con lui. Maestrelli era una persona molto affabile, carina, affettuosa. Un uomo sereno. Zoff? E’ il mito che diventa allenatore e presidente, un uomo di poche parole. E’ un grande, non servono altre chiacchiere. Eriksson invece è un signore, ha molto fair play. Un commerciante mi ha raccontato di avergli venduto un portafoglio. E’ stato colpito dalla sua signorilità e gentilezza. Un consiglio, mister. Fuori dal campo ok. Ma sul terreno di gioco cerchiamo di essere meno eleganti eh!».

Vuole chiudere con un pensiero a Cragnotti?
«Sto interpretando in questo momento uno spettacolo che si chiama “Menomale che c’è Maria”. Io vorrei traslarlo in “Menomale che c’è Sergio”. Da quando c’è lui, la Lazio è diventata una società internazionale. Ditegli quello che volete, ma Cragnotti è il primo grande tifoso. Dentro di lui vive un dualismo presidente / imprenditore tifoso e spesso ha un litigio interiore. A volte vince uno, a volte vince un altro», conclude Montesano.

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