Serie A, Lo Monaco: «Stop al campionato ed aiutiamo le altre categorie»
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Serie A, Lo Monaco: «Stop al campionato ed aiutiamo le altre categorie»

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Il consigliere federale Pietro Lo Monaco ha spiegato come le categorie minori rischiano di collassare economicamente se si dovesse continuare

Molte sono le voci contrastanti sulla possibile ripresa della Serie A: c’è chi vorrebbe che la stagione finisse qui e chi vorrebbe continuare a giocare, una volta che la questione Coronavirus si sia risolta.

Il consigliere federale Pietro Lo Monaco a TMW Radio ha espresso il suo parere: «La base rischia di essere falcidiata. Di tutte le leghe, l’unica che potrebbe rimanere in piedi è la Serie A. I problemi sono di una serietà estrema per tutti, nessuno escluso. Non è il momento di pensare alla ripresa del campionato ma di mettere un punto sul campionato in corso. Si ferma qui, non capisco le riunioni e gli accordi che si susseguono. In Belgio si è deciso di chiudere il campionato. Come è possibile immaginare una ripresa a maggio-giugno, con un mese da dare ai giocatori e poi riprendere a settembre? Si rischia di compromettere anche il prossimo campionato. Si deve pensare ad un aiuto concreto alle altre categorie. La Serie A soffrirà dei mancati introiti tv, ma la B, la C, i dilettanti, che sono la base del calcio, rischiano seriamente di scomparire. Si deve mettere un punto a questo campionato, non c’è altro da fare. Qualsiasi decisione farà morti e feriti. Ma oggi si deve mettere un punto: stop ai campionati, stop agli emolumenti. La causa degli scontri d’opinione in Serie A? Ci sono problemi economici, come i diritti tv, che valgono 1100 milioni di euro e le società li hanno già incassati. Toglierli dalle casse di un club creerà dei problemi seri. Ma mi chiedo: quale presidente si può prendere la responsabilità di mettere i giocatori insieme per allenarsi e gente allo stadio? Si vuole a tutti i costi di chiudere i campionati. Al momento chi comanda è il virus. Se continua così, ma quale ripresa!? Di unito non c’è mai stato nulla. E’ chiaro che un atteggiamento serio e responsabile voglia che si dia precedenza alla salute. Gli unici che avrebbero un interesse a riprendere ora sono le squadre che sono in testa alla classifica e quelle che rischiano la retrocessione. Non è il momento di decidere, lo farà l’organo federale, che lo ha già fatto in passato. Oggi le società non hanno introiti di sponsor, di botteghino, ma ci sono i costi dei giocatori. Riprendere ora diventa impossibile. Oggi non c’è prestazione. Il calciatore è un lavoratore dipendente, quando non c’è prestazione, non capisco perché la società debba continuare ad erogare lo stipendio. Tutelerei i giocatori e la salute. E’ un qualcosa che coinvolge tutti i campionati europei. Cristallizzare le classifiche? Sarebbe il caso di farlo di concerto con la Fifa, nominando degli esperti di diritto sportivo, che decidano il da farsi. Si è battuta per lasciare inalterato il format con 60 squadre. Gli introiti non devono venire solo dalla riduzione delle squadre ma da una redistribuzione del denaro in generale. Un numero contenuto di squadre aiuterebbe, ma non troppo. Due gironi da 20 squadre? Andrebbe bene ma non è semplice arrivarci. Servono defiscalizzazioni, serie cuscinetto che possono fare professionismo, come la C2 lo era in passato. I modi per rilanciare il calcio ci sono, ma oggi bisogna venire incontro alle società, per evitare i fallimenti. Me lo auguro vivamente. Credo che non sarà più come prima, dovremo tutti pensare diversamente per rilanciarci. La possibile sposensione della Lega Pro? Le società voteranno se portarla in Figc o meno. Spero che tutti capiscano la situazione. Sono 20 teste diverse, non c’è spirito di corpo. Ma perché poi dividersi la torta in 18 invece che in 22? E’ questo il modo di pensare».

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