Forse serve una scossa? Il riassunto di una stagione triste e anonima... - Lazio News 24
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2013

Forse serve una scossa? Il riassunto di una stagione triste e anonima…

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Lazio-Napoli, minuto 86. Un ragazzino di nome Keita prende la palla dal vertice sinistro dell’area, la percorre orizzontalmente saltando 4 giocatori e lascia partire un destro che non da scampo a Reina. Il faro dove parte la luce. Ma lasciamolo giocare e insieme a lui lasciamo giocare chi ha voglia, grinta, carattere. Non devi per forza scendere in campo se ti chiami Klose o Hernanes. Gioca chi si merita di giocare. Anche a noi piacerebbe di più così. Perché ieri l’altro ragazzino, Perea, era da solo contro il mondo in pressing sui vari Albiol, Britos e Armero. Bava alla bocca, voglia di lottare, motivazioni alle stelle. Al contrario di una squadra apparsa mostruosamente vulnerabile, che da la sensazione di poter subire gol in ogni circostanza e che, dopo il vantaggio delle squadre avversarie, crolla. È un problema di testa, di gioco, di qualità. Questa squadra non gioca più a calcio da 12 mesi, da quel secondo posto, ottenuto esattamente a metà dello scorso gennaio, con la Juve distante tre punti. Poi tanto buio e una grossa luce: quel 26 maggio che sta, forse, appagando troppo i giocatori, l’allenatore, la società. Facile, troppo facile nascondersi dietro quel giorno. È stato bellissimo, indimenticabile, ma gli strascichi sono del tutto negativi.

Colpa come detto della società e del solito mercato insignificante, fatto di acquisti buoni e di altri assurdi. Si vede che Biglia a pallone ci sa giocare, si vede che Perea è un giocatore di assoluto avvenire con un’incredibile voglia, si vede che Felipe Anderson ha una tecnica oltre la media. Poi però ti comprano Novaretti (niente contro il giocatore, ci mancherebbe) e capisci che il salto di qualità, forse, non ci sarà mai. Perché questa squadra ha bisogno di gente forte, c’è poco da dire. Questa squadra ha bisogno di gente che alzi il tasso tecnico, ma prima di tutto di leader. Perché sembrano tutte signorine. Sì, signorine. Nelle ultime settimane se n’è parlato un pochino di più: perché questa squadra non protesta mai? Perché non si vede mai un accerchiamento attorno all’arbitro? Troppo calciatori, poco uomini. Ci sono poi le colpe dell’allenatore, incapace di dare un’identità alla squadra, di motivarla, e quelle voci sulla panchina della Svizzera che, diciamo la verità, un po’ ci da fastidio. Come ci danno fastidio, ormai, la conferenze stampa: “Dominare avversario”, “undici guerrieri”. Forse è meglio non prenderci in giro così. Il silenzio e il volare basso a volte è anche meglio. Come detto questa squadra non gioca più a calcio da un anno. Forse bisognerebbe cambiare, ma non perché sia tutta colpa di Petkovic. Perché serve qualcuno col pugno duro, che non guardi in faccia nessuno. Qualcuno che conosca l’ambiente. Edy, ci sei?

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