ESCLUSIVA - Calcagno (AIC): «La Lega ci ha provocato, non può esistere una soluzione univoca»
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ESCLUSIVA – Calcagno (AIC): «La Lega ci ha provocato, non può esistere una soluzione univoca»

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In seguito al duro comunicato di ieri sera, questa mattina abbiamo sentito in esclusiva il vicepresidente dell’AIC per dei chiarimenti

Durante l’Assemblea d’urgenza della Lega Serie A sono stati i termini dell’accordo per il taglio degli stipendi, ma l’AIC ha decisamente bocciato la proposta pubblicando anche una nota ufficiale molto dura. Per questo ed altro, abbiamo chiesto dei chiarimenti in esclusiva al vicepresidente del sindacato Umberto Calcagno.

Iniziamo dalla stretta attualità: ieri sera è arrivato il duro comunicato dell’AIC riguardo la decisione della Lega. Vi aspettavate altro rispetto a quanto reso noto?

«Più che una decisione è una provocazione visto che il comunicato di Lega non ha alcun valore giuridico. L’unica parte formalmente rilevante è la frase in cui si dice che la contrattazione non potrà che svolgersi a livello individuale con le singole società. E’ una semplice provocazione! Se le società hanno bisogno di riunirsi per dire che non vogliono pagare, avrebbero fatto meglio a dirlo prima e subito. L’organo che gestisce il campionato non ha alcun mandato per trattare le posizioni dei calciatori».

Voi preferireste una linea comune per tutti i club o che ogni società possa decidere la modalità che più ritiene consona?

«No, non può esistere una linea comune perché le situazioni anche in Serie A sono variegate:ci sono società, come la Juventus, che non hanno giocatori in scadenza di contratto e con cui quindi è più facile concordare le modalità in una situazione come questa, ci sono anche club che hanno giocatori in prestito o in scadenza ed ovviamente vivono situazioni differenti, così come in altre realtà la parte variabile del contratto (ad esempio i premi) ha un’incidenza tale da non permettere una contrattazione uguale per tutti. E’ materialmente impossibile concepire un’unica decisione per tutti. E’ già difficile trovare un accordo che metta sullo stesso piano i giocatori di una stessa squadra, figuriamoci se può essere mai possibile farlo all’interno di una categoria».

Quindi voi proporreste il taglio per una sola mensilità?

«No, noi non abbiamo una proposta. Se adesso non abbiamo ancora le idee chiare sull’eventuale ripresa, se la ripresa dovesse addirittura, come tutti ci auguriamo perché sarebbe l’unica modalità per finire la stagione, andare anche in parte della stagione successiva, non occorre essere un avvocato per capire che oggi le variabili sono ancora talmente numerose da non permettere di capire realmente dove si andrà a parare».

Il presidente Gravina ha dichiarato che esiste la possibilità di finire il campionato tra settembre ed ottobre. Lei sarebbe favorevole?

«Io non so fin dove ci potremo spingere. Certamente ho una mia convinzione personale, tra l’altro condivisa da molti, secondo la quale inizieremo prima la stagione 2020/21 se completeremo l’attuale anziché prendere decisioni a tavolino su due terzi di campionato già disputato. Tali scelte porterebbero a contenziosi che ci farebbero ripartire certamente in ritardo rispetto a quanto oggi possiamo immaginare. Personalmente sono più propenso a cercare di concludere il campionato a tutti i costi, ovviamente con le tempistiche che il virus ci concederà. Oggi l’unica cosa che non sappiamo è quando potremmo fare questo».

Nell’edizione di ieri, il Corriere dello Sport ha provato ha spingersi verso due ipotesi del futuri calendario: una vede il campionato alternarsi alle coppe internazionali normalmente, l’altra invece mette in primo piano il campionato, concependo l’inizio di Champions ed Europa League al termine di esso. Per lei qual è la scelta migliore?

«Dobbiamo dare preminenza ai tornei interni. Credo poi che la pandemia in corso penalizzi maggiormente le coppe internazionali perché stiamo vedendo che in Europa la situazione non è omogenea. Per riprendere Champions ed Europa League bisognerà comunque aspettare situazioni variegate in più stati del continente. Ben venga dare la precedenza alla Serie A e poi completare seguentemente gli altri percorsi se ci si riuscirà».

Molte società hanno dato il via libera ai propri giocatori di tornare in patria, una volta finita la quarantena preventiva. Questo potrà intaccare la velocità della ripresa effettiva?

«Non so, saranno tutte questioni operative che affronteremo nel momento in cui si vedrà davvero l’uscita dall’emergenza. Ad oggi immaginare che si possa riprendere fra qualche settimana è probabilmente utopistico. Noi abbiamo un arco temporale che ci può spingere a giocare in piena estate e credo che su quello si debba seriamente lavorare anche per dare una speranza a tutti quanti sapendo che non dipende dalle nostre volontà».

La possibilità di giocare in piena estate potrebbe andare a colpire anche la prossima annata?

«La prossima stagione verrà colpita anche solo dovessimo sforare ben oltre. Ripeto, secondo me il prossimo campionato sarebbe maggiormente intaccato dai ricorsi nel caso in cui non riuscissimo a completare quello in corso, di questo ne sono fermamente convinto e so di non sbagliarmi perché l’oggettiva rissosi del nostro mondo l’abbiamo potuta constatare in situazioni meno complicate, figuriamoci su decisioni prese a tavolino».

Il presidente Lotito è stato tra i primi ad affermare che la ripresa fosse necessaria, sebbene molti non fossero d’accordo. Ora tutti, AIC compresa, hanno l’intento di tornare in campo il prima possibile. Come mai questo cambio di visione?

«No, non c’è stato nessun dietrofront. Noi diciamo che i presidenti che non vogliono pagare neanche la mensilità di marzo, sono gli stessi che volevano mandare in campo i ragazzi quando oggettivamente era improponibile continuare. Oggi tutti siamo uniti dalla speranza di poter completare il cammino iniziato ad agosto, ma che non dipende dalle nostre volontà. Abbiamo la responsabilità di lavorare su una ripresa per farci trovare pronti appena ci sarà la possibilità. Non sono cambiate le posizioni, speriamo solo di uscire in fretta dalla pandemia».

Quindi non concorda con le parole di Malagò quando dice che il calcio è orientato a ripartire il 20 maggio? 

«Io me lo auguro, qui non si tratta di concordare o meno con qualcuno. Credo e spero non ci sia nessuno che strumentalmente non vuole riprendere per non pagare. Siamo uomini di sport e di campo che vogliono tornare nel più breve tempo possibile. Non dobbiamo essere irresponsabili e fare i conti senza l’oste. Ci dobbiamo far trovare pronti appena ci sarà l’occasione per ricominciare in sicurezza, in quanto la salute è il bene primario da tutelare, ma quando ci saranno protocollo certi e l’eventualità del ritorno quantomeno ad allenarsi non saremo di certo noi ad opporci».

Si è discusso anche di una possibilità di rientrare in campo senza i tifosi?

«Io credo che sia scontato il fatto che in un primo periodo si giocherà a porte chiuse. Usciremo dalla pandemia con gradualità e ciò nel nostro mondo prevede l’assenza dei tifosi».

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