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Un romeno diventato romano: la storia di Stefan Radu, un laziale venuto da lontano

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Leader, imprescindibile, senatore. Tutte queste parole hanno un unico comun denominatore: Stefan Radu. Romeno o romano? Due parole simili, differenziate da una vocale. Si può essere tutti e due, romeno di nascita e romano di adozione, proprio come lui. Nove anni sono ormai passati dall’arrivo nella città eterna e quanti altri ne passeranno prima di dirsi addio…
Il contratto scade nel 2020, ma l’amore con la Lazio non ha una scadenza, quello è destinato a durare in eterno.

SEMPRE IN CAMPO – Non è un caso che qualsiasi allenatore sia passato sulla panchina dell’Olimpico, lo abbia sempre schierato titolare. Centrale o terzino? Sa fare entrambi i ruoli alla perfezione, ma c’è anche una via di mezzo, quella che meglio si sposa con le sue caratteristiche; ovvero il centrale di sinistra nella difesa a 3. Prima con Petkovic, poi con Pioli, infine con Inzaghi.
Tutti lo hanno utilizzato in questi tre ruoli, prima di scoprire che la sua reale posizione è quella sul centro sinistra. E’ l’unico in grado di ricoprire quel ruolo e quando manca lui, come a Milano, la linea difensiva deve per forza di cose essere a 4. Nonostante in estate sia arrivato Lukaku, la fascia sinistra da svariati anni ha un solo proprietario, colui che nel 2008 è arrivato e non se n’è più andato.

UN AMORE TROPPO GRANDE – Ci sono ragazzi e uomini. I ragazzi sono ingenui, lunatici, spensierati, gli uomini sono sicuri delle proprie idee, razionali, fermi sulle loro decisioni. Gli uomini sanno dire “no” a una convocazione della nazionale, perché la Lazio è più importante. Hanno chiamato, chiameranno ancora e la risposta sarà sempre quella: “Per me esiste solo la maglia che indosso ogni domenica”. Le presenze sono oltre 200, ma come da lui stesso ammesso, senza i continui infortuni sarebbero potute esse ancor di più. Quest’anno stanno anche arrivando i gol, due fino ad ora, uno di testa e l’altro dopo una corsa di 100 metri al 90’. Radu ha portato la Lazio in alto negli anni passati e vuole farlo ancora. Lui di indossare questa maglia non è ancora stanco.

UNA VITA DI LAZIALITÁ – Al contrario di quanto possa pensare qualcun altro, per sentirsi un leader non c’è bisogno di una fascia di capitano e di essere coccolato ogni giorno. Leader si nasce non si diventa. Il 26 maggio, le corse sotto la curva a fare i cori con i tifosi. Quante se ne possono raccontare di Radu… Orgoglio per il popolo oltre che per le prestazioni, per il senso di appartenenza.
L’ultimo show risale a qualche settimana fa in zona mista, quando durante le interviste ha iniziato ad intonare un coro ancora risonante nel cuore di tutti: «26 maggio che giornataccia, volevi alzarla l’hai presa in faccia». Lui quel giorno c’era e ci sarà ancora, nella gioia e nel dolore, come si fa nelle storie d’amore più belle. E’ il primo a “rosicare” dopo un derby perso e il primo ad esultare dopo uno vinto.
La gente si immedesima in Stefan Radu, uno che quando scende in campo non si risparmia mai, riuscendo a percepire gli umori dei tifosi e immedesimandosi in loro.
Mai gli è stato rimproverato lo scarso impegno, perché la sua maglia è sempre una delle più sudate. Quella maglia che indossa dal gennaio 2008 e che l’anno scorso ha deciso di non togliersi più.
Dopo l’addio di Mauri e Ledesma la fascia di capitano sarebbe spettata a lui, ma per il bene della squadra si è fatto da parte. Non tutti l’avrebbero fatto, perché nessuno è come lui.
Un romeno di Bucarest, diventato romano di Roma. Che poi per dirla tutta, la cosa più bella è sentire un romeno parlare romano: strano e allo stesso tempo simpatico. Una vocale ha cambiato una vita. Quella di un uomo diventato bandiera. Quella di Stefan Radu.

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