Ultras Sampdoria: «Vogliamo riprendere la Serie A, ma non senza tifosi»
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Ultras Sampdoria: «Vogliamo riprendere la Serie A, ma non senza tifosi»

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Presa di posizione da parte degli Ultras della Sampdoria che sono propensi alla ripresa del campionato, ma solo se a porte aperte

Sull’ipotesi della ripresa del campionato di Serie A a porte chiuse, arriva il comunicato degli Ultras della Sampdoria:

«Tutti noi ci siamo innamorati del calcio da bambini. Uno sport popolare, capace di incendiare le menti e i cuori di migliaia di persone. Negli anni i troppi soldi, i troppi interessi, il colpevole consegnarsi mani e piedi alle tv, hanno fatto in modo che il calcio diventasse un’industria. Che dà da mangiare a tanti, lo sappiamo, e non solo ai calciatori milionari, ma anche a lavoratori meno privilegiati, come ogni altra industria.Un’industria e non più uno sport, insomma: una deriva figlia di una politica ottusa e colpevole contro cui ci siamo battuti, per oltre vent’anni, convinti che il «sistema» sarebbe, per un motivo o per l’altro, imploso su se stesso. Ed ecco la dimostrazione: in una situazione emergenziale, senza nessuna certezza su come si evolverà, l’unico pensiero dei “signori del pallone”, che sono gli stessi che lo hanno portato in questo vicolo cieco, è quello di riprendere a giocare. Nient’altro importa».

Il lungo appello alla razionalità degli ultras doriani ha puntato il dito, nuovamente, sulla cosiddetta industria calcistica: «I campionati devono riprendere, e pazienza se a porte chiuse. Ovvero senza i tifosi. I tifosi non contano, contano solo i soldi e finalmente tutti possono dire «il re è nudo»! E allora che si rimangino morali e slogan. Il calcio è di chi lo ama? Tutto sembra tranne questo. Noi invece siamo tifosi. Non riusciamo a concepire una partita di pallone in uno stadio spoglio di colore e di calore. Questa per noi è l’antitesi del calcio. Chiamatelo come volete ma non calcio. Il calcio è stato concepito in maniera totalmente diversa. Questo sarebbe solo uno show business, oltre che una mancanza di rispetto verso chi piange le proprie vittime; vorrebbe dire accettare passivamente la morte di questo sport. Un giorno si dovrà tornare a giocare, è quello che vogliamo anche noi, ma non così, non a queste condizioni, e soprattutto non a porte chiuse. Se invece queste davvero saranno le condizioni, per noi il campionato finisce qui. E quando si riprenderà, si dovrà fare solo in presenza di chi davvero rappresenta l’anima del calcio: i tifosi».

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