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L’ANALISI DEL GIORNO DOPO – In campionato poca intensità e spazio agli esperimenti: la testa della Lazio è già a Praga

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“Campionato finito? Ah no, mancano ancora 10 giornate”. Tra un sospiro e l’altro, sarà stato questo il pensiero comune di tutti i tifosi laziali al triplice fischio di Massa. Quella andata in scena all’ “Olimpico di Torino” aveva tutta l’aria di una partita di fine stagione, in cui le due squadre giocavano con spensieratezza e senza particolari tatticismi.
Le tante occasioni create da una parte e dall’altra, hanno fatto si che il match diventasse divertente e imprevedibile, ma alla fine il risultato lascia l’amaro in bocca. Il pareggio non serviva a nessuna delle due squadre e forse nemmeno la vittoria avrebbe cambiato molto, infatti l’hanno fatta da padrone le ripartenze degli esterni e la scarsa precisione degli attaccanti, colpevoli di non aver arricchito il tabellino.

LEVERKUSEN NON HA INSEGNATO NIENTE Turn-over ragionato o forse no. A quattro giorni dalla partita più importante dell’anno, vengono risparmiate alcune pedine importanti, ma vengono impiegati quelli più soggetti ad infortunio. Konko alla sua 17esima partita consecutiva, si è ormai dimenticato le domeniche di riposo passate in panchina.
Poi ci sono i due stacanovisti: Parolo e Biglia. Marco è l’insostituibile ldi Pioli; probabilmente il tecnico riuscirebbe a metterlo in campo anche con una gamba rotta. L’ex Parma nelle ultime partite appare in leggera crescita e continua ad essere spremuto come un limone, probabilmente per entrare in condizione avrà anche bisogno di minuti, ma perché schierare anche Biglia?
Tutti hanno ancora ben stampato in mente il minuto 50 di Lazio-Bologna, quando il “Principito” si accasciava a terra chiedendo il cambio. Probabilmente quello era il primo segnale che fece intuire il tipo di stagione a cui si sarebbe andati incontro.
L’emblema della confusione del tecnico, sono i due cambi effettuati dopo 40 minuti, a pochi giri di lancette dalla fine del primo tempo. Gesto anomalo quanto discutibile che scarica le responsabilità della brutta prestazione sulle spalle dei soli Lulic e Cataldi.

FELIPE DOVE SEI? – L’anno scorso per lui non c’erano più aggettivi, adesso non ci sono più scuse. La presenza di Candreva che lo costringe a giocare a sinistra, la lontananza dalla porta, la condizione fisica, sono tutti alibi andati a morire con il passare del tempo. Ieri è stato schierato alle spalle delle due punte, senza avere una precisa collocazione tattica e compiti difensivi, il risultato però non è cambiato. Ennesima prova insufficiente.
A questo talento sono stati dati tempo e fiducia, ma a parte dieci partite dello scorso campionato, le prestazioni sono sempre state negative. Le qualità ci sono, manca il carattere. Quel carattere che molte volte lo fa sembrare svogliato e psicologicamente distante anni luce dalla partita. Un calciatore al di sopra della media, si differenzia da uno modesto, per la continuità che mostra nel corso delle stagioni; continuità che Felipe in tre anni di Lazio, ha dimostrato di non avere.
Il tempo sta per finire anche per lui. In questo finale di stagione, bisogna rimboccarsi le maniche e accendere l’interruttore spento a maggio. Nonostante tutto è l’unico all’interno della rosa, in grado di trasformare una stagione deludente in un’annata storica. Chissà, forse portando il popolo laziale fino a Basilea…

ROAD TO PRAGA – Puntare una stagione sulle coppe è di principio sbagliato, basti pensare che se si sbaglia una partita si è fuori, mentre in campionato, dopo una battuta d’arresto c’è sempre la seconda chance dietro l’angolo. Alla Lazio però resta poco da fare in Serie A, anche se nella giornata di ieri, la distanza dal Milan, caduto contro il Sassuolo, si è anche accorciata. Squadra, staff tecnico e società dovrebbero avere ben chiari in mente gli obiettivi da raggiungere, soprattutto in base alle possibilità reali che ci sono.
Vincere l’Europa League resta una speranza più che un traguardo da centrare, ma anche disputare una semifinale con squadre di alto blasone, rappresenterebbe una tappa fondamentale per il percorso di crescita. Dopo essere usciti troppo presto dalla Coppa Italia e aver abbandonato anzitempo i primi sei posti in campionato, la concentrazione deve essere rivolta alle sole partite del giovedì.
Con la Lazio il paradosso è sempre dietro l’angolo: il sesto posto in campionato dista 9 punti, mentre la Champions diretta 7 partite. Se i biancocelesti dovessero alzare al cielo al di Basilea l’Europa League infatti, oltre al diritto di giocare la Supercoppa Europea, conquisterebbero l’accesso ai gironi della massima competizione europea.
Sognare non costa nulla e allora, sciarpa al collo e mano sul petto. A Praga per scrivere la storia…

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