ESCLUSIVA - Football Art: «Non solo maglie, ho anche il progetto dello stadio della Lazio» E sul futuro...
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ESCLUSIVA – Football Art: «Non solo maglie, ho anche il progetto dello stadio della Lazio» E sul futuro…

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ESCLUSIVA – Luca Scandurra, creatore di Football Art è intervenuto ai nostri microfoni per spiegarci meglio il suo progetto

I suoi progetti piacciono e non solo ai tifosi biancocelesti. Luca Scandurra è la mente dietro al progetto Football Art e ai nostri microfoni ha raccontato da dove è partito il suo progetto.

Prima di tutto com’è nato questo progetto e come sei riuscito a realizzarlo?

«Il progetto è nato per puro caso. Avevo appena perso lavoro e quindi passavo il tempo libero con alcune attività al PC, tra cui Photoshop che è uno dei miei hobby. Ho ripreso a fare lavori digitali sulla Lazio (anni fa da ragazzino facevo maglie con il nickname MOMO87 che giravano su forum e siti vari del mondo Lazio) poco dopo la partita di Europa League Lazio-Vitesse, in cui Luis Alberto esulta a suo modo, dicendo di “stare calmi” facendo il gesto con le mani. Dietro lo sfondo desolato di un olimpico deserto che mi aveva altamente rattristato. Pensai allora che quel calciatore, per quello che stava facendo, meritava ben altro “quadro”. Allora ho lavorato sul mio primo edit: Luis in uno stadio all’inglese stracolmo di Biancoceleste. Ho pubblicato la foto sul mio profilo Facebook e alcune pagine Laziali di Facebook. Risultato: immagine piaciuta tantissimo a tutti e piovevano consigli di pubblicare la foto su Instagram. Non usavo Instagram. Avevo un profilo personale con 6 foto personali pubblicate almeno 5-6 anni prima e poi il vuoto. Allora decido, ingenuamente, di ripristinare quell’account personale e pubblicare la foto. Tempo 2 ore e Luis la condivide, tagliando però la mia firma. Riprovo con Strakosha, sempre ingenuamente utilizzando il mio profilo, e anche lui condivide l’edit però taggandomi. Da lì arrivano i consigli di fare una pagina e non usare il profilo personale. Ci penso massimo 10 secondi e mi viene in mente il nome più banale del mondo: FootballArt. Da li furono alcuni giocatori a contattarmi, come Bastos e Luiz Felipe chiedendomi lavori ed immagini per i matchday. Bastos mi ha anche consentito di vedere quel funesto Lazio-Inter. Quella partita penso sia stato anche il mio culmine, perché creai un’immagine singola per ogni calciatore della rosa per chiamare all’appello i tifosi per la partita più importante. Risultato: condivisione di Ciro, Lucas, Sergej e atri 7-8 e servizio su Sport Mediaset il giorno della partita. Poi ho trovato lavoro ed il tempo a disposizione per dedicarmi alla pagina è venuto meno. Sono molto affezionato alla pagina, perché mi ha permesso di sentirmi parte integrante della comunità Laziale anche se a 200 km di distanza e, soprattutto, mi ha permesso di conoscere i giocatori, scambiandoci qualche messaggio e addirittura qualche telefonata di tanto in tanto».

A cosa ti ispiri quando realizzi i tuoi progetti?

«Principalmente cerco di dare “epicità” alle foto. È brutto avere foto con sfondi di uno stadio vuoto. Quindi cerco di inserirli in un contesto più dignitoso e che meriterebbero. Oppure cerco di riprodurre scene di esultanze e momenti salienti da film. A volte cerco di unire le mie passioni. Ad esempio ho creato un crossover con le serie tv e la Lazio. Poi ora con la quarantena ho ripreso la mia vecchia passione: le maglie. Magari un giorno la Macron mi chiama».

Vista la stagione della Lazio hai già qualche idea di come potrebbe essere una maglia da Champions?

«Ho un’idea che vorrei fare uscire a giorni. Farei una maglia che celebri anche l’anzianità della Lazio. Userei colori inediti ma per me molto eleganti e rievocativi. Insomma, non mi piace spoilerare. Ho detto troppo».

Hai realizzato anche un’idea per un ipotetico stadio della Lazio. Hai mai pensato di presentarlo e dove lo collocheresti in città?

«Come ti dicevo cerco sempre di unire le mie passioni quindi negli anni ho messo varie volte mano ad un progetto per uno stadio. Tante sono state le ipotesi abbozzate e tante sono state quelle scartate e mai portate avanti. Solo 2 hanno visto vita a livello tridimensionale perché mi piacciono. Così le ho abbozzate anche tridimensionalmente per vedere se sono ok e se l’insieme funziona. Ma sono ancora lì, come bozza con la promessa, un giorno, di terminare la fase preliminare. Sarebbe il sogno più bello realizzarlo, ma meglio non volare troppo alti con la fantasia. Uno comunque è più futuristico, l’altro più tradizionale. Entrambi da circa 40-50.000 posti e pieni di bianco e celeste. Una volta finiti sarebbe bellissimo presentarli. Per la location non mi ci sono mai soffermato. Sicuramente, se i mezzi di trasporto italiani funzionassero come si deve, lo ipotizzerei al centro di Roma. Ma visto che non è così allora lo vedrei più alle porte del centro di Roma. Non puoi capire il casino che vivo ogni volta a dover venire con la macchina da Napoli. Quindi meglio con possibilità di parcheggio e ampi spazi davanti ed una zona con possibilità di snodi viari e infrastrutture (ancora meglio se la zona ne è già provvista). Non entro poi in merito di condizioni geomorfologiche, idrogeologiche, geotecniche e sismiche dei terreni, non credo interessi più di tanto a chi leggerà. Ma ci tango a sottolineare che, lo stadio, al di là dell’aspetto strutturale e progettuale, deve essere divertente e intrattenere chi ci va. In tal caso sono un amante delle kiss-cam e delle dance-cam degli stadi americani. Vederle all’Olimpico sarebbe uno spettacolo».

Qual è il tuo sogno per il futuro?

«Realizzare lo stadio da architetto oppure di poter lavorare nel mondo Lazio in qualche modo. Anche facendo le maglie sarebbe stupendo. Ci sono andato vicino nel 2018…».

Come pensi che finirà la stagione della Lazio se dovesse riprendere il campionato?

«Inutile mentire che sto sognando quello che sogna ogni singolo laziale. Ma davvero lo sto sognando. Sono mesi che fantastico ad occhi aperti quel giorno di maggio (ora Luglio??? Chissà) in cui si pronuncia un ogni radio e TV quella frase che non sentiamo dal 14 Maggio del 2000. Però se vogliamo essere realistici la Juve, anche se non ha compattezza e sembra non essere squadra, ha una tale forza mentale nei singoli abituati a vincere che dubito perda il campionato. Ma incrociamo le dita».

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