Emergenza Coronavirus, Rooney contro il governo: «Non siamo cavie»
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Emergenza Coronavirus, Rooney contro il governo: «Non siamo cavie»

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Emergenza Coronavirus, Wayne Rooney arrabbiatissimo con il governo inglese per aver gestito in malo modo la situazione legata al Covid-19

L’attuale allenatore del Derby County, Wayne Rooney, si è scaglaiato contro il governo inglese, colpevole di non aver gestito l’emergenza Coronavirus nel modo giuso. Per esprimere tutto il suo disappunto, l’ex giocatore del Manchester United, ha scritto una lunga lettera al Times. Ecco le sue parole:

«Usano i calciatori come cavie da laboratorio. Ricominciare a giocare? Per me potrà succedere solo quando per giocatori, tifosi e chiunque altro sarà assolutamente sicuro. Le autorità devono capirlo chiaramente. So come mi sento: se qualcuno della mia famiglia dovesse infettarsi del Covid-19 attraverso me perché io ho giocato quando non era sicuro, e dovessero ammalarsi seriamente, dovrei pensarci seriamente a ricominciare a giocare a calcio. Non perdonerei mai le autorità. E’ uno sport, solo uno sport. Se le vite delle persone sono a rischio, questo deve venire prima di tutto, a prescindere che tu stia per vincere un titolo, che tu stia lottando per entrare in Europa o per la salvezza o per la promozione. Per giocatori, staff e famiglie è stata una settimana preoccupante, una nella quale senti mancanza di leadership da parte del governo, della FA e della Premier League. Boris Johnson? Hai pensato: ‘L’ha schivata, ha lasciato FA e Premier League a prendere la decisione’. Quando neanche FA e Premier League l’hanno presa, non mi ha stupito. Ho trovato sconcertante che con tre giocatori del Leicester con sintomi dovessimo ancora giocare. Poi giovedì notte è venuto fuori che anche Arteta aveva il virus e allora all’improvviso la Premier League ha annunciato una riunione d’emergenza per la mattina successiva. Qual è la differenza? E’ perché Arteta è un nome più importante? E’ tipico di come sono fatte le cose nel calcio. Il Leicester non è una squadra abbastanza grande per fare caos, allora tutto ok si va avanti. Poi come uno dei club più importanti è colpito, allora arriva la decisione. Quando ho guidato fino all’allenamento martedì mattina con il mio materiale al seguito, pronto a viaggiare a Londra, pensavo che non volevo partire, giocare, mettere a rischio la famiglia o i tifosi. Dopo la riunione d’emergenza, è stata presa la decisione giusta, quando ormai sembrava che i giocatori in Inghilterra venissero trattati come cavie da laboratorio. Il resto dello sport stava chiudendo e a noi dicevano di andare avanti. Penso che molti calciatori pensassero: ‘E’ qualcosa che ha a che fare con i soldi?’. Non potevo crederci che il Cheltenham Festival andasse avanti all’inizio: folle di persone riunite e ancora lo facevano andare avanti. Non sarei stato sorpreso se Boris fosse andato a una cosa di cavalli. C’era l’idea: ‘E’ calcio, se la caveranno’. I calciatori sono guardati come supereroi immuni a tutto, ma siamo umani, il fatto che Arteta e Hudson-Odoi si siano ammalati dovrebbe farlo capire a tutti».

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