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Diaconale: «Nessun big è sul mercato, la società vuole portare la Lazio in alto». E sui tifosi…

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Arturo Diaconale, responsabile della Comunicazione biancoceleste, è intervenuto sulle frequenze di Elle Radio nella trasmissione Laziali on Air per fare il punto sulla sua esperienza e sui prossimi progetti che riguarderanno la Lazio.

Che clima e che situazione aveva trovato una volta arrivato a Formello?
«Ho trovato un clima buono in verità, non vengo da un’esperienza sportiva nel mio passato. Al momento sono consigliere di amministrazione della Rai e continuo a fare un giornale politico come L’Opinione. Pensavo di trovare una situazione più tesa e complicata, invece ho scoperto che all’interno della squadra c’è un clima molto buono, con una partecipazione sentita da parte di tutti i giocatori ad un’avventura che mi sembra stia andando più che bene, con una compattezza ed una lealtà reciproca che non mi aspettavo di trovare. Grandi in questo sono i meriti dell’allenatore, Simone Inzaghi si sta comportando benissimo, in maniera molto accorta, misurata e intelligente senza rinunciare ad un pizzico di audacia, perché puntare su così tanti i giovani non era affatto scontato. C’è poi l’azione di un vero professionista come Angelo Peruzzi e di una società che può essere contestata quanto si vuole, ma che ha portata questa società da un abisso nel quale sembrava destinata a finire, fino ad una stabilità che ne fanno una delle realtà più solide del panorama calcistico nazionale. Di questo bisogna dare atto al presidente Lotito e a tutti i suoi collaboratori, a partire dal direttore sportivo Igli Tare che quest’anno in particolare ha messo in mostra grande acume in sede di campagna acquisti. Mi sono inserito in punta di piedi in questa famiglia, rendendomi conto di quelle che sono le necessità ed aprendo la società alla comunicazione e al dialogo».

In termini di comunicazione la Lazio è tornata ad essere più considerata dopo anni di chiusura al mondo esterno. Perché in passato non è stato così?
Me lo sono domandato il perché e mi sono dato anche delle risposte: va detto che la Lazio ha vissuto negli ultimi anni per lungo tempo in una sorta di stato d’assedio. Le responsabilità di questa situazione vanno a mio avviso divise equamente, di certo una contestazione così forte, quasi perenne, porta anche a blindarsi in un fortino da cui non si ha poi tanta possibilità e neanche voglia di uscire. Sto lavorando in questo senso aiutato anche dai risultati sul campo, che sono determinanti per creare un clima diverso. La gente lentamente inizia a tornare allo stadio, attorno alla società e alla squadra si avverte un entusiasmo che un anno fa pareva del tutto impensabile: a fare la parte determinante in questo sono però i giocatori in campo, la comunicazione in questo senso può aiutare ma non è decisiva».

Situazione-stadio: il mini-abbonamento è un primo passo importante per agevolare i tifosi. Anche l’iniziativa degli Under 14 a 1 euro era parsa un’idea vincente: ci sarà modo nelle prossime partite di riattivare questa bella iniziativa?
«Io credo che sia un’iniziativa che possa essere ripresa, ma dipende anche dalle decisioni che prende il marketing e chi è preposto a fare queste scelte. Una politica di riavvicinamento e di agevolazioni di questo tipo mi sembra comunque già avviata, ma al di là dei prezzi che sicuramente incidono il problema dello stadio credo sia di clima generale. Si deve ricreare un clima di festa che consenta alle famiglie di tornare e che possa eliminare ogni tipo di rischio di incidenti e di pericoli per la sicurezza. Credo che questo sia il primo dei fondamentali fattori che possano riempire di nuovo gli spalti. A contribuire allo svuotamento dello stadio, che riguarda l’OIimpico in particolare ma tocca tutti gli impianti italiani, ha contribuito il clima generale di preoccupazione per le condizioni di sicurezza in Europa. Climi di tensione che per troppo tempo si sono visti all’interno degli stadi: mi sembra che su questa strada ci sia un’inversione di tendenza che al momento può essere valutata positivamente».

Ci sono però anche problemi logistici importanti: parcheggiare a chilometri di distanza fa diventare difficoltoso portare allo stadio anziani e bambini. In altre città prefiltraggio e controlli sono molto meno invasivi rispetto a quelli allo stadio Olimpico.
«Che ci siano delle oggettive difficoltà per entrare allo stadio è ovvio e nessuno lo può nascondere. Sono difficoltà che nascono da due fattori: quello generale di sicurezza e di ordine pubblico, riguardo al quale non si può far altro che riconoscerle e prenderne atto. L’altro fattore riguarda le condizioni particolari dello stadio Olimpico, unico nel panorama italiano che ha costretto chi si occupa di sicurezza di prendere misure che rendono difficoltoso l’accesso all’impianto. Le particolarità della struttura creano problemi che a San Siro, a Milano, non si crea. Lì esiste quella separazione delle curve che a Roma è stata imposta dopo alcuni casi come gli incidenti in Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina: vicende che hanno portato a una serie di misure a causa di uno stato d’allarme lanciato anche dagli ultimi incidenti verificatosi a Bergamo coi tifosi della Roma».

Per una società come la Lazio queste restrizioni rappresentano però anche un grave danno sul piano economico:
«E’ un danno che purtroppo va sopportato per la garanzia di un ordine pubblico tranquillo. Di fronte a queste ragioni non ci si può ribellare, ma bisogna prenderne atto e mitigare il più possibile i disagi che si possono verificare. Tifosi e società stabilendo un rapporto sempre più stretto possono ovviare a tanti problemi: è il clima generale che può produrre situazioni positive».

In questo momento quali sono le idee della società per tutelare i tifosi?
«Da questo punto di vista la società può dare la propria collaborazione alle autorità della pubblica sicurezza. La linea della società è ed è sempre stata quella del rispetto della legalità nel rispetto a sua volta dei diritti dei tifosi. Si possono realizzare progetti per ovviare al problema dei parcheggi, con l’eventualità di istituire queste navette. Per questo serve però un clima di collaborazione tra società, autorità pubblica e tifosi».

Quest’anno la Lazio ha dato un sostegno tangibile alle zone terremotate: continuerete a dar seguito a queste iniziative di solidarietà, magari allargando il campo oltre al sisma che ha duramente colpito il Centro Italia?
«Queste iniziative sono fondamentali all’interno di una società. La Lazio ha una tradizione storica che la porta ad essere la più antica della Capitale, che la pone ad essere tra le più storiche del panorama europea. Credo debba continuare a svolgere iniziative a supporto dei fattori di sostegno a favore delle popolazioni svantaggiate di ogni parte del mondo. Credo che la società si stia muovendo in questa direzione, e l’attività svolta anche per volere diretto da parte del presidente Lotito in favore di Amatrice credo che ne sia un segnale concreto».

Tornando alle cose di campo, la Lazio piace e permette di sognare: adesso che si sta ritrovando unione e compattezza, è il momento di non rompere questo giocattolo, visto che iniziano ad essere tante le voci di mercato fastidiose che seminano incertezza e paure. Possiamo smentire che la Lazio voglia cedere i suoi big a gennaio?
«Smentire che la Lazio voglia svendere o cedere i suoi big è scontato. Le voci lasciano il tempo che trovano, bisogna attenersi ai fatti: al momento non ci sono indicazioni per il mercato di gennaio, il calciomercato deve essere vissuto come un’opportunità. La permanenza di calciatori come Biglia e Keita rappresenta la volontà di società ed allenatore: un’offerta davvero scandalosa potrebbe cambiare le valutazioni, ma l’obiettivo non è fare cassa e riportare la squadra a centro classifica, ma esattamente il contrario e riportare il più in fretta possibile la Lazio verso l’alta classifica che le compete. Le esigenze della società possono aver anche portato a determinati sacrifici, ma la società è sempre cresciuta e vuole lottare per obiettivi sempre più ambiziosi. Seminare il panico e parlare di big ceduti può creare clamore ed attenzione mediaticamente, ma poi bisogna raffrontarsi sulla realtà dei fatti».

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