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Vavro, il papà e la fidanzata: «Denis vive per il calcio. Che emozione al derby!»

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Denis Vavro è arrivato alla Lazio in punta di piedi. I suoi familiari più stretti raccontano di un ragazzo umile e un gran lavoratore

Ancora non conosciamo bene Denis Vavro, lo slovacco è arrivato a Roma in estate e ancora ha avuto poco spazio nello scacchiere di mister Inzaghi. A raccontare di lui ci pensano il papà Augustin, anch’esso ex giocatore di calcio, e la fidanzata Tamara ai microfoni di Sport.sk.

ESORDI – «Prima come attaccante, poi mi sono spostato in difesa come mio figlio. Quando Denis aveva cinque o sei anni, voleva diventare un giocatore di hockey. L’ha praticato per circa sei mesi, poi ha prevalso il calcio. Me lo portavo dietro agli allenamenti e alle partite, rimaneva lì a giocare col pallone per ore. Mio figlio vive per il calcio, ha fatto tanti sacrifici e superato molti ostacoli. È sempre rimasto molto determinato e con un grande senso di responsabilità. È cresciuto, ora è un uomo adulto. Non voglio assolutamente indirizzare la sua carriera, ma qualche piccolo consiglio glielo do volentieri. Ci rende tutti molto orgogliosi e felici».

DERBY – «C’erano 50mila persone, uno spettacolo. Peccato che Denis sia rimasto in panchina, la concorrenza nella Lazio è enorme. In estate ha vissuto la svolta più grande della sua carriera. Apprezzo molto il fatto che questo però non l’abbia cambiato, è rimasto con i piedi per terra. È umile, un gran lavoratore».

PASSATO – «Ero di stanza a Krejnice, nella Boemia meridionale. Durante l’addestramento, il comandante estrasse la pistola in stanza. Armeggiò un po’ con lei, finché non partì un colpo. Mi risvegliai direttamente in ospedale. Il proiettile mi aveva perforato la clavicola ed era rimbalzato sulle costole, rompendone cinque e fuoriuscendo poi dalla scapola. Sono stato curato e ho avuto un sconto di quattro mesi sui due anni di leva obbligatoria».

LA FIDANZATA TAMARA «Trascorro molto tempo da sola durante la settimana, la Lazio si allena e gioca spesso. Ma accanto a me ho un uomo fantastico, sono orgogliosa di lui. Non pretendo che mi reciti delle poesie, ma mi dedica molte attenzioni. E poi sa guidare benissimo, cosa che a Roma io trovo ancora troppo stressante. Mi aiuta spesso a cucinare. A dire il vero, non gli lascio preparare piatti complicati, altrimenti li brucia! Qualche tempo fa si è pure ferito tagliando una cipolla. Però sa preparare benissimo la carne alla griglia, lì è un vero chef. Quando lo speaker annuncia il suo nome, inizio a piangere di gioia. Certo, mi preoccupo pure quando cade a terra dopo qualche contrasto. Con il Rennes, per esempio, ha preso una gomitata in faccia da un avversario».

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