Reina: «Gioco con i piedi fin da piccolo. Aspetto mentale importantissimo»
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Reina: «Gioco con i piedi fin da piccolo. Aspetto mentale importantissimo»

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Pepe Reina, portiere della Lazio, ha parlato del ruolo del portiere e della sua carriera in diretta Instagram con Futbol Emotion

Nel Giorno internazionale del portierePepe Reina, estremo difensore della Lazio, ha voluto parlare un po’ di questo ruolo e della sua carriera. Lo ha fatto in diretta Instagram con gli spagnoli di Futbol Emotion. Ecco le sue dichiarazioni.

SUL MOMENTO MIGLIORE DELLA SUA CARRIERA – «Con il Liverpool è il momento in cui mi sono divertito di più in tutta la mia carriera. Lo stadio di Anfield è strepitoso e indossare quella maglia è stato bellissimo».

SUL GIOCO IN EUROPA – «Come portiere in Italia bisogna adattarsi: c’è meno ritmo e ci sono più pause. In Spagna la qualità è sempre stata più alta, ma il ritmo in Inghilterra e in Germania è sempre stato più elevato rispetto agli altri campionati».

SULLA PASSIONE – «Il segreto per continuare ad lati livelli a questa età? Sicuramente la passione che ho per quello che faccio. Il calcio è una ragione di vita e bisogna stare al massimo livello per quanto è possibile. Poi c’è bisogno di un’alimentazione corretta e di fare attenzione a tutti i minimi dettagli. La passione, però, è ciò che ti permette veramente di rimanere a questi livelli per tanto tempo».

SUL GIOCO CON I PIEDI – «Fin da quando avevo 14 anni mi hanno abituato a giocare con i piedi, quindi sono sempre stato in grado di gestire il pallone da dietro».

SUI GUANTI – «Non sono così maniaco con i guanti, ma cerco dettagli che mi rendano più sicuro e più comodo per giocare sempre meglio. Sono manie che tutti noi portieri abbiamo. La routine che ho è quella di aprire il pacco nuovo di guanti il giorno prima della partita, poi gioco e mi alleno con questi il giorno dopo la gara. Poi ricomincio così ogni settimana. Quando ho iniziato c’erano solamente due marche di guanti, ma adesso ci sono molte più marche grazie alle multinazionali e non c’è molta differenza tra i vari tipi. Io sono molto semplice e mi piace la vecchia scuola, quindi non cerco cose troppo complicate».

SUGLI AVVERSARI – «L’attaccante più forte che ho affrontato? Mi hanno fatto questa domanda tante volte: mi ricordo dei tanti Liverpool-Chelsea e delle sfide con Didier Drogba. Era un avversario tosto e mi ha segnato diverse volte, anche di testa».

SULLE PARTITE CHE RICORDA DI PIU’ – «La semifinale di Champions del 2007 con il Liverpool, che vincemmo 1-0 contro il Chelsea all’andata a Londra e poi vincemmo sempre 1-0 in casa: riuscii a parare due rigori. La peggiore, invece, è quella nella finale di Champions contro il Milan. Da non protagonista, poi, la migliore è senza dubbio la finale del Mondiale del 2010 vinta con la Spagna».

SULLA MENTALITA’ – «Quello che mi aiuta di più è l’aspetto mentale, senza dubbio. Quando il fisico non va, la testa prende il suo posto: quando stai bene di testa e sei motivato è molto più facile sentirsi bene fisicamente. Anche quando hai dei fastidi, soprattutto dopo molti anni, ma con la testa stai bene puoi fare tutto. Ci sono partite che vuoi che durino tre ore e mezza e altri che dopo 10 minuti vorresti finire: se stai bene mentalmente riesci a continuare».

SUL RUOLO DEL PORTIERE – «Essendo coraggioso con le uscite dai pali puoi aiutare sempre meglio la tua squadra. Tuttavia, ci sono volte che ti senti più sicuro e altre che preferisci non uscire. Sicuramente, però, è un fondamentale in cui tutti noi portieri possiamo migliorare. Nel calcio attuale i portieri che fanno la differenza sono quelli che escono e che controllano il gioco dalla profondità».

 

 

 

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