Marusic: «Con Sergej rapporto speciale. Alla Lazio sono diventato uomo»
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Marusic: «Con Sergej rapporto speciale. Alla Lazio sono diventato uomo»

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Adam Marusic si è raccontato a 360°. Il giocatore ha rilasciato una lunghissima intervista, tra presente e passato

In una lunghissima intervista rilasciata per il Lazio Style Official Magazine, Adam Marusic si è raccontato tra lavoro in campo e vita privata. Ecco alcuni passaggi delle sue dichiarazioni:

NUMERO DI MAGLIA – «Quando sono andato in Belgio, ho preso la numero 77 e da quel momento non l’ho più cambiato».

FAMIGLIA – «Mio padre ha una scuola guida, mentre mia madre si è occupata della casa e della nostra crescita. Quando ero piccolo mi accompagnavano sempre agli allenamenti, erano molto presenti. Abbiamo un gruppo su Whatsapp dove ci scriviamo quotidianamente e parliamo di tutto. Telefonicamente invece, sento ogni giorno mia madre».

CAPIRE DI AVERCELA FATTA – «Quando ho iniziato a giocare con la prima squadra del Voždovac e poi sono andato subito in Belgio l’anno dopo: lì ho capito che un giorno sarei potuto arrivare ai livelli di adesso».

MAGLIE – «Ne ho tante (ride, ndr). Una speciale è quella di Lewandowski, che sono riuscito a prendere in occasione di Bayern Monaco-Lazio».

MONTENEGRO – «Tutti i giocatori nati prima del 2006, possono scegliere se giocare per Serbia o Montenegro: io ho optato quest’ultimo grazie al…Belgio. Quando giocavo lì, l’allora CT del Montenegro venne a vedere un mio compagno e mi chiese di giocare per loro. La Serbia non mi aveva mai chiamato, così, dopo aver parlato con la mia famiglia, accettai. Mi sono subito trovato bene, sono felice della scelta fatta».

ROMA – «Mi è piaciuta tantissimo, fin dal primo giorno. Sono innamorato di questa città, è meravigliosa, ti fa scoprire ogni giorno una cosa nuova ed è piena di turisti. Inoltre, è ad un’ora di volo da Belgrado».

PALESTRA – «Penso che sia fondamentale essere in forma. Ho iniziato ad abbinare  la palestra al calcio fin da quando giocavo a Belgrado. Siamo tutti professionisti, cerchiamo di mantenerci al top della forma. Mi alleno tre volte a settimana, è importante anche se non sono fissato come Radu (ride, ndr). Lui è il più forte e simpatico di tutti. Parla tanto, così come Cataldi. Danilo è anche il più permaloso».

MAGO DEGLI SCACCHI – «Confermo (ride, ndr). Quando sono arrivato alla Lazio, è stato Basta a trasmettermi questa passione. Eravamo in camera insieme e lo osservavo, dopo ho iniziato anche io. Ora gioco sempre online ed ogni tanto anche con qualche amico, è diventato il mio hobby preferito, mi rilassa tanto. Ha battuto anche il mio vecchio passatempo, quello di divoratore di serie TV (ride, ndr)».

MILINKOVIC – «Abbiamo lo stesso procuratore (Kezman, ndr). Ci siamo conosciuti a Roma, prima ci eravamo solo incontrati da avversari in Belgio. Fin dal primo giorno in cui siamo stati insieme alla Lazio, è nato un rapporto speciale».

PARTITA IN CUI TREMAVANO LE GAMBE – «No, mi piacciono le grandi partite con lo stadio pieno, sono quelle che mi danno più stimoli. Sono felice infatti che ora siano tornati i tifosi, sono fondamentali».

PARTITE INDIMENTICABILI – «Dico le due della scorsa stagione contro il Bayern Monaco: quando affronti una delle squadre più forti d’Europa, è sempre speciale».

SOPRANNOMI – «Non ci penso molto, sinceramente. La cosa più importante è la maglia, conta quella. Però sono felice che i tifosi riconoscano il mio impegno in ogni partita, quindi va bene ogni soprannome».

DOPO IL RITIRO – «Mi vedo come procuratore o allenatore delle giovanili: lavorare con i giovani ti permette di farlo con più tranquillità rispetto alla prima squadra. La vita del calciatore è fatta di pressioni e continui viaggi, per questo a fine carriera vorrei fare qualcosa di più tranquillo. Però c’è ancora tempo per pensarci».

LAZIO – «Rispetto al mio arrivo, è tutto diverso. Ora mi sento migliore sia come calciatore e persona, sono cresciuto molto sotto ogni aspetto, sono diventato un uomo. Non è stato facile, sono orgoglioso del percorso fatto. Ho iniziato per le vie di Belgrado, coronando il sogno che avevo fin da piccolo. Devo dire grazie a Dio ed alla mia famiglia».

 

 

 

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