Delio Rossi: «Radu sempre protagonista, ha personalità ed è benvoluto»
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Delio Rossi: «Radu sempre protagonista, ha personalità ed è benvoluto»

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L’ex allenatore della Lazio Delio Rossi ha parlato ai microfoni di gianlucadimarzio.com di Stefan Radu. Eccole sue parole

Quattro anni come allenatore della Lazio, con cui ha totalizzato addirittura 184 panchine, vincendo anche una Coppa Italia nel 2009. Stiamo parlando ovviamente di Delio Rossi, che è tornato a parlare della sua ex squadra, soffermandosi in particolare su Stefan Radu, che ha appena raggiunto Beppe Favalli in cima alla classifica all-time delle presenze in biancoceleste. Ecco le dichiarazioni del tecnico romagnolo ai microfoni di gianlucadimarzio.com.

SULLA PRIMA PRESENZA – «Mi fece una grandissima impressione, così lo lanciai subito a Firenze in Coppa Italia. Spesso gli stranieri vanno aspettati, lui no, era già italiano».

SULL’AVVENTURA ALLA LAZIO – «Una storia bellissima. In questo calcio è difficile rimanere per tanti anni nella stessa squadra, e quando accade spesso sei un’alternativa. Lui invece è rimasto sempre protagonista».

SUL SUO ACQUISTO – «A quel tempo non avevamo soldi e prendevamo molto scommesse. A volte andavano bene. Lo vedemmo la prima volta nell’agosto del 2007 durante gli spareggi. Era veloce, e soprattutto mancino con una buona tecnica e una discreta personalità. Il problema era che giocava nella Dinamo Bucarest, proprio la squadra che avremmo affrontato nel doppio confronto».

SUL SUO RUOLO – «Noi giocavamo a quattro, ma già si vedeva fosse ideale per una difesa a tre. Zauri era destro e così lo utilizzai spesso anche da terzino, oggi gli è servito: con Inzaghi lo vedo salire e creare superiorità numerica»

SULLA SUA LONGEVITA’ – «Merito della sua professionalità se ha giocato con tutti i suoi allenatori in tutti i ruoli difensivi. Dopo tanti anni molti si siedono perché pensano di avere un diritto acquisito, lui ha ancora voglia di mettersi in discussione e alla sua età gli fa onore»

SULLA SUA LEADERSHIP – «Ai miei tempi i leader erano Peruzzi, Di Canio e Rocchi. Lui non parlava molto, ma si è integrato subito pur senza conoscere lingua e cultura. Ha personalità ed è benvoluto, ma ha sempre voluto dedicarsi solo al gioco. Un capitano invece ha tanti compiti e deve parlare con il presidente o il direttore sportivo. Poi lui è anche uno fumantino e ha paura di eccedere…».

 

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