Bruno Giordano: «L'esordio con la Lazio non lo scordo»
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Bruno Giordano: «L’esordio con la Lazio non lo scordo. Ho realizzato un sogno»

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Bruno Giordano, ex giocatore di Lazio e Napoli, parla a poche ore dalla sfida tra le due formazioni: le sue parole

L’ex giocatore di Lazio e Napoli Bruno Giordano ha parlato sulle pagine del Corriere dello Sport in vista della sfida di questa sera.

LAZIO NAPOLI – «È la mia vita calcistica. Passione e fede mi portano dalla parte della Lazio, squadra che tifavo da bambino e nella quale ho avuto la fortuna di crescere calcisticamente e fare l’esordio tra i professionisti. Sono stati 16 anni lunghissimi, che mi hanno visto arrivare a 13 anni a Tor di Quinto con un provino, poi partite su partite: dagli esordienti fino alla prima squadra. Diciamo che la Lazio è la mia casa, una casa dalla quale sono lontano ormai dal 1985. Sono tanti anni, ma è come se fosse ieri perché ho vivi i miei ricordi. Chiaramente quando alla Lazio si accosta il Napoli viene fuori l’aspetto sportivo, quello che mi ha consentito di vincere un campionato che, invece, mi è mancato a Roma. Con lo scudetto a Napoli ho provato una gioia immensa. Sotto l’aspetto professionale, l’azzurro mi ha ripagato di quello che, purtroppo, la Lazio non mi ha potuto dare negli anni».

GIOVANILI«Mister Maestrelli il giovedì ci chiamava per la partitella con la prima squadra: era un sogno vedere da vicino quei giocatori fantastici. All’inizio avevamo paura, poi ci hanno accolto alla grande ed è diventato tutto più semplice. Col tempo ci hanno fatto sentire importanti e quelle partite sono diventate parte della nostra vita. Una volta i grandi non riuscivano a farci gol, arrivò il buio, il mister si inventò un rigore e appena Chinaglia segnò, fischiò subito la fine. Porto un ricordo bellissimo. Quella partita durò forse più di due ore. Oppure, quando facevo il raccattapalle in un Lazio-Bologna con la neve, vincevamo e cercavo di perdere tempo facendo finta di non vedere il pallone finito nella neve. La domenica andavo in curva con Manfredonia, Di Chiara e Agostinelli dopo le partite degli allievi. Da quella curva sono passato sul prato verde. Sono sensazioni che a distanza di anni porto sempre nel cuore: ho visto realizzato il sogno che avevo da bambino».

DEBUTTO «Un esordio così non si scorda mai. Segnai all’ultimo minuto e permisi alla Lazio di vincere a Genova contro la Samp. Ricordo gli abbracci e l’affetto di tutti, soprattutto di Re Cecconi. Quel giorno mi spogliai vicino a lui e appena rientrammo nello spogliatoio mi abbracciò: era quasi più contento di me. Addirittura quando andò via Chinaglia giocai le ultima partite con la numero 9, se penso oggi alla responsabilità che avevo nel portare quella maglia e a cosa potesse provare la gente nel vederla sulle spalle di un ragazzino di Trastevere… forse fu proprio l’incoscienza di quell’età che mi permise di farcela. Inoltre, nascevo numero 10, non avrei mai pensato di fare l’attaccante, è stata una fatalità quella di fare il centravanti. Andato via Giorgio, Maestrelli mi diede la numero 9. Ho cominciato a segnare, ma sempre mantenendo le mie caratteristiche: mi vedevo un giocatore da assist più che da gol».

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