Garlaschelli: «Lo Scudetto del '74 una gioia inaspettata. Ecco cosa mi disse Maestrelli» ESCLUSIVA - Lazio News 24
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Garlaschelli: «Lo Scudetto del ’74 una gioia inaspettata. Ecco cosa mi disse Maestrelli» ESCLUSIVA

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La redazione di Lazionews24 ha intervistato in esclusiva Renzo Garlaschelli, campione d’Italia con la Lazio nel 1974. I ricordi dello Scudetto e di un calcio che non c’è più

Renzo Garlaschelli ha un allegro accento lombardo, reso ancor più vispo quando si lascia andare ai ricordi di quel 12 maggio 1974, giorno del primo Scudetto biancoceleste. Lui, quel tricolore, lo visse da protagonista, portando ancora e sempre dentro di sè le memorie di quei momenti. Fu lui a procurarsi il calcio di rigore messo a segno da Giorgio Chinaglia in quel Lazio-Foggia, salvo poi essere espulso per un fallo di reazione: «Fu una partita tiratissima, eravamo abituati a chiudere le partite nel primo tempo mentre quel giorno non riuscivamo a segnare. Dopo il gol fui cacciato via, mi feci prendere dal nervosismo. Si fece male Martini, non c’erano tutti questi cambi. Negli spogliatoi continuai a vedere la partita in tv, quando Maestrelli tornò dentro era ‘sbracciato’ e ‘scravattato’ e mi disse: ‘Garla, oggi ci è andata veramente di lusso’».

RAPPORTO CON LO SPOGLIATOIO – «All’inizio abbiamo avuto delle difficoltà, poi le cose sono andate molto meglio. Era un gruppo forte e solido, anche fuori dal campo, eravamo tutti amici. Io avevo uno splendido rapporto con tutti. Ancora oggi sento spesso Wilson, Oddi e D’Amico. Purtroppo 6 su 11 ci hanno lasciati, su tutti Pulici. Abbiamo fatto una cena a casa di Giancarlo Oddi, c’era anche Felice. Sapevo stesse poco bene, ma da lì a pensare che sarebbe morto ce ne passa».

IL RICORDO DI RE CECCONI – «Sono stato uno degli ultimi a vederlo. Avevamo fatto allenamento al Flaminio, e lui era con Ghedin. Mi avevano invitato ad andare a bere qualcosa, ma avevo un impegno e sono andato via. Poi ho sentito la notizia della morte al telegiornale e sono rimasto scioccato. Al giorno d’oggi le dinamiche sono ancora poco chiare, ho sentito Ghedin poco tempo fa ma lui non ne parla».

IL CALCIO DI UNA VOLTA – «Si andava allo stadio con la pagnotta e la bottiglia di vino, era un calcio casereccio. Il rapporto con il tifoso era diretto, non c’era un distacco così netto come oggi. Andavamo a mangiare al ristorante e capitava ci fossero dei tifosi al tavolo con noi. Erano più discreti e noi più disponibili di conseguenza. É tutto avvolto da un velo di romanticismo. Guardo le foto in bianco e nero e ricordo tutto con tanta emozione. Anche in campo, prima segnare era più difficile. A me non bastava saltare l’uomo, c’era poi il libero che mi veniva addosso. Quando vincevi 1-0 non era facile per gli avversari pareggiare, mentre oggi sei sopra al 90esimo ma rischi ancora di perdere».

IL RUOLO DELL’ESTERNO – «Non saprei indicare un giocatore del giorno d’oggi che somigli al mio modo di intendere il ruolo dell’esterno. Ai tempi si parlava di ala destra, il mio compito era prettamente offensivo, quasi da seconda punta facendo da spalla a Chinaglia. Oggi gli esterni devono anche saper difendere, io raramente tornavo in difesa, dovevo saltare l’uomo ed eventualmente riempire l’area in assenza di Long John. Nella Lazio d’oggi c’è Lazzari, ma parte da troppo lontano. Se dovessi indicare un calciatore biancoceleste il più simile a me sarebbe Correa, che è meno difensivo. Ma rimane comunque molto diverso da me».

CALCIO DURO«Ai miei tempi ti picchiavano regolarmente per intimidirti, per tutta la partita. Prima di estrarre il giallo, l’arbitro aspettava mezza giornata… Oggi se sei ammonito non puoi più intervenire, basta davvero poco per andare fuori».

LA LAZIO DI OGGI – «Seguo la Lazio, è nel mio cuore. Quest’anno mi aspettavo qualcosa in più, devo essere sincero. Domenica contro la Fiorentina non ha giocato malissimo, ma se prendi due gol c’è poco da dire. La stagione rischia di diventare fallimentare: fuori dalla Champions, fuori dalla Coppa Italia e probabilmente fuori dalle prime quattro. L’anno scorso, senza la pandemia, sarebbe arrivata molto lontano, anche allo Scudetto. Si giocava meglio, con più aggressività, la partita era comandata dai biancocelesti. Quest’anno poche partite buone, ma non sono bastate. Bisogna cambiare, il ciclo finisce e alcuni giocatori sembrano stanchi. Sono convinto però che Lotito e Tare abbiano fatto grandi cose, anche nella compravendita. Purtroppo se sbagli acquisti durante l’estate poi paghi, un esempio è Muriqi. La Lazio non può sbagliare, mentre quando Inter e Juve acquistano qualcuno vanno sul sicuro».

CAPITOLO SUPERLEGA – «Molte squadre sono in difficoltà dal punto di vista economico, su tutte Juventus e Inter, non si può andare avanti così. Ma il mio parere è negativo, non si possono lasciare fuori le cosiddette piccole. Io mi diverto a vedere anche Lazio-Crotone, non per per forza Juventus-Barcellona».

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