Sarri: «Luis Alberto vuole andare via. Amo la gente laziale. Su Lotito e Tare...»
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Sarri: «Luis Alberto vuole andare via. Amo la gente laziale. Su Lotito e Tare…»

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Maurizio Sarri si è raccontato ai microfoni del Corriere dello Sport a 10 giorni dall’inizio del campionato. Le parole del tecnico

Maurizio Sarri si è raccontato ai microfoni del Corriere dello Sport a 10 giorni dall’inizio del campionato. Ecco alcune dichiarazioni del tecnico della Lazio.

CALCIO DI SARRI – «A me piace un calcio in cui tutti si mettono al servizio del collettivo per sviluppare un gioco in cui i movimenti, tanto quel-i difensivi quanto quelli offensivi, non prevedono esenzioni di alcun tipo.

LAZIO – «Qui sto bene, mi piace l’ambiente, ho la possibilità di esprimermi e soprattutto di divertirmi. Anch’io sono cambiato, ora il lavoro mi deve procurare divertimento, è cambiato il mio sentimento nei confronti del calcio. Mi piace anche la gente laziale, da fuori mi ero fatto un’idea completamente diversa, sbagliata. Il 99 per cento del popolo laziale è formato da famiglie, da giovani. E lavorare in un club che non appartiene a un fondo ma a una famiglia, mi dà gusto. Allo stesso tempo mi rendo conto delle difficoltà economiche che si possono incontrare, minori risorse, certo».

LOTITO – «Non riesco a capire fino in fondo i motivi della sua impopolarità, come l’hai defini- ta. Comunicazione? Possibile. Ma Lotito ha preso la Lazio che era un disastro e bene o male la tiene costantemente tra le prime 5, 6 e in Europa. Pensa, io lo trovo piacevole, è un uomo di spirito ed è uno che ti ascolta. Lotito avrà mille altri difetti, ma è di rara intelligenza, ha una cura ossessiva dei dettagli e soprattutto sul piano sportivo lascia piena autonomia».

TARE – «Non ho mai avuto problemi con lui. Possiamo non concordare sulla valutazione di un giocatore o su alcune scelte, ma questo rientra nella normale dialettica di un gruppo di lavoro».

MERCATO – «Se non mi viene chiesto un nome non lo faccio. Illustro le caratteristiche tecniche, i parametri caratteriali della figura che mi serve, e pongo molta attenzione sul dato anagrafico. La stagione scorsa eravamo una delle squadre più vecchie d’Europa, il ricambio era necessario».

LUIS ALBERTO – «Per il secondo anno di seguito ha espresso la volontà di finire la carriera in Spagna. Più che in Spagna in generale, proprio a Siviglia. Non so dirti se l’avrò ancora a inizio settembre Ragazzo intelligente, gran bel giocatore e carattere, se vuoi, particolare».

MILINKOVIC – «Sergej è di livello altissimo, piccoli difetti e potenzialità ancora inesplorate. In alcuni momenti della partita privilegiava l’estetica, la giocata che definisco effimera, a scapito dell’efficacia. Però è vero, nell’ultima parte del campionato ha cercato la funzionalità e ha fatto la differenza».

PERCHE LA LAZIO NON VINCE – «Le manca l’equilibrio della grande squadra. Tanto quello mentale quanto quello tattico. Nella partita secca poteva e può battere chiunque, il guaio che è molto spesso si fa mancare, si perde. Quello che desidero quest’anno è mostrare una squadra vera e dai primi allenamenti ho ricevuto sensazioni molto positive».

MOURINHO – «A me Mourinho sta anche simpatico. Le differenze dipendono in prevalenza dal punto di partenza, dalle origini. Io sono cresciuto tra i Dilettanti, gente di un altro livello, dove per vincere dovevo incidere tanto, e in modo feroce, per compensare i limiti dei singoli. Mourinho è partito dal Barcellona e ha investito molto sulla qualità dei giocatori. Tra Stia e Barcellona c’è un bel cazzo di differenza… E poi io sono tosca- no di monte. Come Luciano Spalletti».

ACERBI – «Nulla di tecnico, a fine stagione ha espresso il desiderio di cambiare aria e la società cercherà di accontentarlo, per questo sono stati fatti altri programmi».

STAGIONE – «Una stagione folle, cinquanta giorni di so- sta non si erano mai visti, mi aspetto risultati imprevedibili».

SARRI – «Se mi riconosco nella figura che mi hanno cucito? Per niente, ma m’importa ’na sega. Sono molto diverso da come vengo descritto, per anni ho svolto un altro lavoro e non ho assorbito la superficialità del calcio. Sognavo di allenare una grande squadra e ci sono riuscito non una, ma più volte. A 63 anni non penso più alla carriera e i soldi sono meno importanti, mi sono evoluto: voglio il piacere, il divertimento e la Lazio può darmeli. Lavoro per creare una squadra vera, 25 giocatori che pensano allo stesso modo, per certi versi antistorica: il gioco del calcio per sua natura è collettivo e invece anche voi della stampa l’avete trasformato nel paradiso dell’individualità».

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