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ESCLUSIVA – Giordano: «Allenare la Lazio sarebbe un sogno. Vi racconto quando rifiutai la Roma…»

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Bruno Giordano ripercorre i suoi anni in biancoceleste ed analizza la Lazio di mister Inzaghi dopo la sconfitta del derby

«Una vita sulle montagne russe», così Bruno Giordano ha definito la sua vita, nel suo libro. Una vita fatta di esplosioni di gioia alternate a profondi baratri. Una vita segnata dal talento, iniziata tra la polvere delle vie di Trastevere. Quelle stesse vie che lo hanno visto diventare prima uomo e poi calciatore. Il suo nome svetta tra gli annali della storia biancoceleste e nella memoria dei tifosi. Dribbling secco e potenza. Maradona lo definì come «il più sudamericano tra quelli che sono nati nel vostro meraviglioso paese». Oggi, quel numero 9, ha regalato quest’intervista – in esclusiva – alla redazione di Lazio News 24.

Ci troviamo a pochi giorni dal derby ad analizzare una sconfitta. Il risultato è stato deciso dai demeriti della Lazio o dai meriti dalla Roma?
«Entrambi. La Lazio ha dato l’idea di non averci creduto da subito, al contrario della Roma che si è messa nella nostra metà campo per cercare di fare la partita. E’ vero che si sono affrontati due modi di giocare diversi, ma i giallorossi sono stati più convinti nel ricercare la vittoria. E’ stata una questione di atteggiamento».

Quanto hanno pesato gli impegni della Nazionale? Soprattutto per Milinkovic che ha affrontato un viaggio non indifferente…
«Non possiamo giustificarci così, in questo modo non cresceremo mai. Milinkovic ha giocato, ma ha 22 anni, può affrontare un viaggio del genere. I nostri hanno avuto gli impegni, ma li hanno avuti anche quelli della Roma». 

Immobile sta conducendo una stagione straordinaria, spesso è stato accostato a Giordano. Ma quanto c’è davvero di Giordano in Immobile?
«Io ho sempre detto che mi piace il suo modo di interpretare la partita. E’ uno di quelli che non si risparmia mai. Lui ha questa voglia di trascinare i compagni, mi rivedo soprattutto in quello. Nell’aspetto tecnico-tattico, però, siamo diversi».

Qual è il ricordo più bello legato alla Lazio?
«Ne ho talmente tanti, ma se devo scegliere dico l’esordio: il 5 Ottobre del 1975. Ma anche il provino a Tor di Quinto quando avevo 13 anni».

Cosa può imparare la Lazio dalla sconfitta del derby?
«L’ho detto anche in precedenza, in caso di vittoria o di sconfitta non sarebbe cambiato il giudizio. Perchè il derby è una partita anomala, a sè, che si vive molto sulle emozioni e sugli episodi. Difatti la partita è stata persa per due episodi. Anche in caso di vittoria non avrei detto che avremmo poi vinto il campionato, nè adesso dico che ne usciamo ridimensionati. Ripartiamo già domenica».

Quale squadra allenerebbe adesso?
«Non saprei, il mio sogno sarebbe la Lazio poi il Napoli, ma stanno andando un po’ troppo in là…».

E quando Chinaglia l’aveva ceduto all Roma…
«Mi convocò, mi disse che mi aveva venduto alla Roma (Chinaglia, allora presidente della Lazio, dovette far fronte nella stagione 1984/1985 a gravi problemi economici che portarono la società vicino al baratro, ndr), gli risposi che ci sarebbe andato lui, non potevo accettarlo, non poteva averlo fatto a me. Gli dissi che se doveva vendermi mi sarei trovato io il club, poi me ne andai sbattendo la porta».

Lavinia Labella

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