Candreva, il Vidal azzurro per Conte - Lazio News 24
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2014

Candreva, il Vidal azzurro per Conte

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In una notte dai toni surreali, in fondo non meraviglia che la logica tradizionale evapori in fretta. Fateci caso. La vulgata calcistica vuole che quando, ad appena 27 anni, un giocatore ha già indossato la maglia di 8 squadre, o sia un fuoriclasse assoluto — e quindi in grado di andare a monetizzare ogni volta che può — oppure sia tutto sommato modesto. Visto che Antonio Candreva pare proprio non far parte della prima categoria, ne conseguirebbe lo scivolamento nella seconda. Vero? No, assolutamente falso. Il centrocampista azzurro — santificata la sua prova con quella prima rete in Nazionale che aspettava da 25 partite — dietro l’aspetto timido nasconde quel paio di qualità che piacciono tanto ad Antonio Conte: l’umiltà, la tecnica e il fiuto del gol. Dopo essere diventato leader della Lazio, il ragazzo di Tor de Cenci sembra avere spalle abbastanza larghe per diventare cardine anche in azzurro. Un piccolo esempio: per esserci a San Siro ha dovuto (e voluto) dribblare anche la febbre. Nel ventre dello stadio, però, ai compagni ha avuto modo di raccontare la gioia per essersi sbloccato: «Era ora, ci voleva proprio. Stavolta il tiro mi è uscito proprio bene». Tutto sommato è difficile sorprendersi. Non è un caso, in fondo, che nello scorso campionato ha segnato 12 gol. Insomma, oltre a saper passare dal ruolo di esterno a quello di intermedio, la vocazione offensiva col passare degli anni sta prendendo sempre più quota, tant’è che per Conte — in prospettiva come riporta La Gazzetta Dello Sport – Candreva potrebbe diventare addirittura il “suo” Vidal azzurro. Questione di carattere, quello che ad Antonio non è mai mancato, basti pensare che da ragazzino era soprannominato «Er Puzza», ma non per questioni legate al cattivo odore, ma in onore a un tradizionale modo di dire romanesco che indica in tal modo uno che non tollera di essere perdente in qualsiasi situazione (da una discussione a una partita di calcio). E infatti uno dei suoi primi allenatori, Streccioni, lo ha raccontato proprio così, aggiungendo: «Non accettava gli errori arbitrali e i falli cattivi degli avversari. Certo, non era il tipo che reagiva in modo scomposto, ma il suo modo di vendicarsi era quello di prenderti, puntarti e fare gol». Un vizio che non ha perso, così come il carattere. Che gli è servito parecchio per riuscire nell’impresa più difficile che il nostro calcio malato riesca a concepire: diventare capitano della Lazio dopo aver ammesso, anni prima, una simpatia infantile per la Roma. Avviso ai naviganti: chiunque creda che sia facile, è pregato di ripassare la storia recente del tifo e vedrà che il fenomeno è più unico che raro. La determinazione perciò non gli manca, se si considera che addirittura — prima di partite per il Mondiale — ha deciso di imbarcarsi in una richiesta alla Sacra Rota per sciogliere il matrimonio con Valentina. Non sappiamo come questa storia andrà a finire, ma una cosa è certa: le nozze con l’azzurro non termineranno in fretta. Amen.

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