Bianchessi: «La Lazio è come un tatuaggio. Ti rimane sulla pelle l’ambiente. Ecco la mia esperienza»
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Bianchessi: «La Lazio è come un tatuaggio. Ti rimane sulla pelle l’ambiente. Ecco la mia esperienza»

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Bianchessi: «La Lazio è come un tatuaggio. Ti rimane sulla pelle l’ambiente. Ecco la mia esperienza». Le sue parole

Lungo intervento di Mauro Bianchessi ai microfoni di Radiosei. L’attuale direttore generale del Monza, in passato alla Lazio, ha parlato in particolare del mondo del settore giovanile in Italia, sia in biancoceleste che in biancorosso. Queste le sue parole.

PAROLE– «La Lazio è come una malattia, come un tatuaggio. Ti rimane sulla pelle l’ambiente. Sono stato lì 6 anni, dove ho gioito, ho sofferto, ho combattuto e cambiato. Ho visto un settore giovanile che nel 2017 era problematico e l’abbiamo costruito e plasmato. Abbiamo visto crescere bambini che oggi sono in Primavera. La Lazio ti rimane dentro, il presidente soprattutto nei primi anni mi chiamava due volte al giorno per sapere novità. È qualcosa di forte, ti rimane nel cuore ».

AMBIENTE ROMANO– «L’ambiente romano si esalta alle prime vittorie e si deprime alle prime sconfitte. Penso che la Lazio in questi anni sia cresciuta tantissimo. Poi c’è Sarri che è un maestro a livello di gioco, ma deve avere giocatori adeguati al suo gioco se no scricchiola. Non entro nel merito del mercato che secondo me è stato importante. Credo sia un po’ l’età che avanza di questa squadra, con momenti di alti e bassi. La partita con il Milan è importantissima per rilanciarsi, poi c’è il Bayern: in questa manciata di giorni la Lazio si gioca tantissimo. Le polemiche non fanno bene in questo momento, giocando tanto la squadra ne risente, ma lo fanno tutti. Se giochi tante partite vuol dire che stai andando avanti su tanti fronti. La Lazio deve abituarsi a giocare tante partite nei primi posti. Bisogna abbassare i toni e stare vicino alla squadra, questi giorni decideranno il destino e il futuro dei biancocelesti ».

MONZA– «Alla Lazio c’era la prima squadra, la Primavera e il settore giovanile, io ho creato e incorporato il settore giovanile femminile da zero. Qui al Monza sono il direttore generale di tutto, non c’è divisione. Il Monza è una cosa unica, andiamo a cena con la prima squadra, sento Galliani tutti i giorni. Per me la società è una: quando c’era Tare che seguiva la prima squadra e la Primavera c’era una grande condivisione. Lui ha portato tantissimi giocatori in prima squadra e con la sua gestione ha vinto tantissimo. La Primavera un po’ meno. La squadra che ha vinto la Primavera 2 l’anno scorso l’ho preparata io, poi è rientrato Fabiani a settembre. Erano tutti giocatori cresciuti e saliti dal settore giovanili. Se guardiamo i titolari della Primavera di oggi sono provenienti dal settore giovanile, presi a 12/13 anni e cresciuti. Fabiani non è stupido, ha unificato il tutto e gestito. L’importante è che ci sia l’unità d’intenti per portare il prodotto del settore giovanile in prima squadra, o che comunque porti una rendita alla società ».

SETTORE GIOVANILE ITALIANO– «Io in 36 anni di settore giovanile ho 64 giocatori cresciuti che giocano tra Serie A e Serie B. Sono tutti giocatori presi a 13/14 anni che sono arrivati in prima squadra. Un settore giovanile italiano deve avere un’impronta italiana, con attaccamento alla maglia. Non sono contrario agli stranieri, ma è così. Deve essere un onore portare la maglia della Lazio. Se li fai crescere con regole e con l’amore della Lazio, è difficile che il ragazzo vada via per qualche euro in più. È importante poi guardare anche l’estero, ma è sbagliato avere tanti stranieri. Si scredita poi anche il lavoro del settore. Alla Lazio nel 2017 abbiamo preso giocatori sul territorio e 4/5 fuori regione a 14 anni. Avevo messo delle personalità importanti nel settore atletico con un progetto importante di crescita che è arrivato alla Primavera. Ogni tanto sbircio la prima squadra e vedo che ci sono Coulibaly, Sardo. Poi deve essere l’allenatore in prima squadra che deve avere coraggio e che creda nei giocatori. Non si può pensare solo al giocatore di 28 anni: bisogna lavorare anche e soprattutto per il capitale della società. Non sto parlando di Sarri, ma sto generalizzando ».

PALLADINO– «Palladino è un colpo di genio di Galliani. Ha allenato i pulcini, gli allievi e la primavera del Monza. Lui l’ha ritenuto da Serie A: era un rischio altissimo ma era sicuro. Palladino ha il dna del settore giovanile, conosce le dinamiche. È facilissimo per lui far giocare gente del 2005, 2004, 2003 o 2002. È una squadra giovanissima perché lui non guarda la carta d’identità, ma vede se il giocatore è bravo. Con lui c’è intesa e rapporto. Sarri era un po’ più musone, non c’era grande dialogo. Diciamo però che l’ambiente romano e la pressione dei tifosi della Lazio non è la stessa che c’è a Monza ovviamente ».

LAZIO MILAN– «Lazio – Milan è sicuramente una bella partita. Per entrambe è importantissima. I rossoneri li ho visti con l’Atalanta e stanno molto bene fisicamente. La Lazio però gioca a Roma davanti al suo meraviglioso pubblico. Quando sono arrivato manco un derby vincevamo, poi sono andato via e ne vinciamo più noi che loro. L’amore che hanno questi tifosi è incredibile già dalla Primavera. Il Milan deve stare attento all’ambiente, al senso di rivalsa della Lazio. Attenzione però perché la squadra di Pioli sta bene. Io sono molto all’antica. Mai all’Inter per rispetto degli undici anni che ho lavorato al Milan e mai alla Roma per rispetto dei sei anni che ho lavorato alla Lazio. Quindi forza Monza contro la Roma e forza Lazio!».

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