Lazio, Eriksson: «Vi racconto la squadra più forte che abbia allenato» - VD
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Lazio, la lezione di Eriksson: «Vi racconto la squadra più forte che abbia mai allenato» – VIDEO

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Lazio, la lezione tattica di Eriksson per The Coaches’ Voice: il secondo scudetto spiegato dal mister.

«Questa è la Lazio. La migliore squadra che abbia mai allenato in vita mia». Esordisce così Sven-Göran Eriksson nella lezione tattica per il sito The Coaches’ Voice che si propone di raccontare il calcio attraverso la voce degli allenatori. Davanti al tecnico che, con la Lazio, vinse, tra i tanti trofei, anche uno scudetto, c’è il modellino di un campo da calcio. Sopra, ci sono le sue pedine: «Avevamo molti giocatori, erano i migliori del mondo. Erano tutti dei vincenti. Odiavano perdere. Giocatori brillanti, da ogni parte del mondo».

LAZIO, I BATTIBECCHI CON MIHAJLOVIC – «Guardate la fase difensiva. Forse il miglior giocatore che avevamo all’epoca: Alessandro Nesta. Difensore centrale, giovanissimo. Aveva tutto. Era alto, forte, veloce. C’era poi Mihajlovic. L’avevo avuto alla Sampdoria e l’ho voluto portare alla Lazio. Gli dicevo sempre “Sinisa, sei un difensore, non un esterno!”. E lui: “No, sono un esterno o una seconda punta!”. Dopo qualche tempo sono riuscito a convincerlo a giocare in difesa. Ed è diventato uno dei migliori difensori del mondo. Se parliamo di un difensore dagli ottimi piedi, lui è decisamente il migliore. Era molto importante per la squadra. Poi avevo tre esterni: Favalli, Negro e Pancaro. Potevano giocare sia a destra che a sinistra. Non hanno ricevuto il giusto riconoscimento dal mondo del calcio, ma erano tutti estremamente forti».

L’IMPORTANZA DEL MANCIO – «A centrocampo, a sinistra, giocava una leggenda: Nedved. Super professionale, grande corsa. Molto forte tatticamente, mi ha sorpreso che non è diventato allenatore. Come centrali avevamo Simeone, Almeyda, Sensini e Veron. Con lui, diventammo ancora più forti di quanto non fossimo. Aveva visione di gioco, tecnicamente era fortissimo. Davanti avevamo Salas, dal Cile. Giocatore importante. E poi, il playmaker di tutta la squadra: Roberto Mancini. Poteva essere ovunque, recuperava i palloni e diceva ai compagni: “Quando mi vedete recuperare palla e girarmi, voi pensate solo a correre in attacco. State sicuri che la palla vi arriverà”. E la stessa cosa era in grado di farla anche Mihajlovic».  

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