Lazio, Behrami: «Al West-Ham non sapevano chi fossi. Poi ho iniziato a menare» - Lazio News 24
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Lazio, Behrami: «Al West-Ham non sapevano chi fossi. Poi ho iniziato a menare»

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Lazio, Behrami si racconta: dalla guerra al passaggio al West Ham.

Apre il baule dei ricordi, escono fuori stralci di calciomercato. Così si racconta Valon Behrami ai microfoni di Gianlucadimarzio.com: «Sarei potuto andare in prestito dalla Fiorentina all’Atletico Madrid, in cambio di Mario Suarez. Allenava il Cholo! Ma ho preferito il trasferimento a titolo definitivo all’Amburgo. Passo dalla Lazio al West Ham. Da idolo a… sconosciuto! I primi giorni si dicevano tra loro ‘who is this guy?’ anche se mi avevano pagato 7/8 milioni di pound! Ho iniziato a menare in campo: calci a me, calci a loro. Cosi, poi, mi hanno rispettato e apprezzato».

LAZIO, BERHAMI – «Avrei preferito restare a vivere nella fattoria di mia nonna tra le pannocchie, gli alberi e gli animali dove mi sentivo a casa piuttosto che diventare calciatore. Il mondo del calcio me la sono goduto a pieno ed è stato tutto fantastico, dalle belle macchine alle culture, nuove, che ho avuto la fortuna di conoscere e apprezzare. Purtroppo però è un ambiente dove va tutto troppo veloce e si rischia di perdere di vista il valore di certe sfumature della vita».

BERHAMI, LA GUERRA – «La guerra me la ricordo, certo. Ero piccolo ma ho visto i miei genitori piangere. Un giorno mio papà è stato picchiato in mezzo alla strada e sarebbe anche potuto morire, così abbiamo deciso di andarcene in Svizzera dove, a novembre, faceva freddissimo. Piangevo. Piangevo. Piangevo. Io e mia sorella ascoltavamo le cassette con la musica del nostro paese e dormivamo in un albergo per rifugiati. Mangiavamo male e ci vestivamo grazie alla Caritas. La mia fortuna è stata saper giocare bene a calcio».

CALCIO SALVEZZA – «Ho iniziato con l’atletica, poi il calcio. A 11 anni, quando la guerra stava per finire, ci avevano detto che saremmo dovuti tornare a casa dove, però, non era rimasto nulla. Il comune in cui abitavamo ha provato a trattenerci in Svizzera con una petizione ma non è servitoIl papà di un mio amico, che era consigliere comunale, dice al mio ‘ma tuo figlio è proprio bravo a giovare a calcio’ che gli risponde ‘sì, peccato perché in Svizzera avrebbe avuto una bella possibilità, purtroppo ci rimandano nel nostro paese’ e così ci hanno dato una mano. Il calcio ci ha salvato. Grazie al calcio sono riuscito a regalare una vita più serena anche ai miei familiari». 

BERHAMI OGGI – In estate la firma con il Sion. Poi più nulla: «A ottobre è finito tutto. Non c’erano le condizioni per continuare. Non mi divertivo più. Ho lasciato due anni di contratto. E credimi non avrei regalato certe cifre se non avessi l’ambizione di giocare a un certo livello. Non cerco soldi, voglio alimentare una passione. Stare bene. Mi sono fatto male ad aprile: frattura al perone destro. Dicevano tre mesi di stop, a giugno sarei rientrato ma a fine stagione l’Udinese ha deciso di non esercitare l’opzione di rinnovo per il mio cartellino. L’ho capito, nessun problema. Ho guardato avanti. Mi ha cercato una squadra dell’Arabia Saudita ma ho detto no, preferivo restare in Europa: le mie figlie vivono a Bergamo, mia moglie ha come base l’Italia».

SION, AVVENTURA FINITA –«Poi arriva la proposta del Sion che mi corteggiava da parecchi anni: offerta economicamente importante, la possibilità di poter incidere anche dal punto di vista strutturale in ambito societario. Dopo una settimana di allenamenti sono sceso subito in campo, titolare». Il problema sono le condizioni dei campi, la poca organizzazione: «Ad agosto ci siamo trovati, ho chiesto miglioramenti, tante promesse che non si sono avverate. Mi stavo logorando. Mi era passata la voglia di giocare a calcio in quelle condizioni. Ho voglia di rimettermi in gioco quanto prima, adesso non zoppico più e sto bene».

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