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Poli: «I tifosi ci fanno sentire ancora importanti. Fiorini? Senza il suo gol…»

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L’ex calciatore della Lazio, Fabio Poli, ha ricordato l’impresa dei ragazzi di Fascetti e detto la sua calciomercato biancoceleste e italiano in generale

Il 5 luglio 1987 è una data segnata in rosso sul calendario biancoceleste. Proprio 30 anni fa si giocava al San Paolo di Napoli lo spareggio fra la Lazio e il Campobasso. Il match terminò 1-0 in favore dei capitolini, il risultato garantì alla squadra partita ad inizio stagione con nove punti di penalizzazione la permanenza in Serie B. La rete decisiva fu messa a segno da Fabio Poli, che oggi è intervenuto ai microfoni di Radio Incontro Olympia. Ecco come si è espresso: «Stasera faremo una partita tutti insieme a Bologna anche con diversi tifosi della Lazio per ricordare Giuliano Fiorini. Senza di lui non ci sarebbe stato niente, neanche il mio gol. A quest’ora eravamo tutti preoccupati e grazie a voi, 30 anni dopo, ci sentiamo ancora importanti».

L’IMPRESA DEL -9 –  «Credo che tutti noi abbiamo capito col tempo cosa riuscimmo a fare. Mi sento orgoglioso di aver fatto di quella banda, e di aver indossato quella maglia. I tifosi me lo hanno fatto capire. Io ho giocato col Bologna gare importanti ma solo i tifosi della Lazio possono ricordare dopo 30 anni un gol e una squadra. Io sono tifoso bolognese ma i laziali sono qualcosa di speciale». Un commento poi sul rapporto con il mister Eugenio Fascetti: «Successe un episodio in una gara che perdevamo 3-0. Io fui il primo a entrare nello spogliatoi incrociando il tecnico. Volarono parole grosse ma poi ci riappacificammo. Ho capito nel tempo che era nervoso con tutta la squadra. Fui solo sfortunato a entrare prima degli altri. Era un grande allenatore e una grande persona».

BIGLIA, DE VRIJ E KEITA – «Il mercato è ancora tutto da fare. Ormai si fa in ritiro con squadre incomplete. Dovessero rimanere la rosa resterebbe importante. Ma perché rimangono? Per mancanza di offerte e sono di conseguenza scontenti? Così non va bene. Se restano convinti, sotto la guida di Inzaghi, tutt’altra storia. Dovessero rimanere ci dovremmo affidare alla loro personalità più che a Peruzzi o Inzaghi. La loro intelligenza nel rapportarsi con gli altri calciatori del gruppo». La fascia da capitano: «Se Biglia resterà la Lazio io non avrei problemi. Ormai non esiste più il personaggio legato nel tempo a una società. In questo calcio non è più proponibile».

STRAKOSHA, ADAMONIS, GUERRIERI – «Se partiranno loro tre sarà un rischio calcolato. Bisogna avere coraggio e dargli fiducia. L’importante è avere personaggi dietro intelligenti, non come nel caso Donnarumma. Assurdo quello che è successo col portiere del Milan e col fratello. Il calcio adesso è questo. Lo sfrutterei forse anche io».

Nel giorno dell’anniversario dei trent’anni dallo storico gol siglato contro il Campobasso, Fabio Poli è intervenuto anche sugli 88.100 di Elle Radio nella trasmissione Laziali On Air, per ricordare quella partita decisiva per la storia della Lazio ed anche per parlare del presente della squadra allenata da Simone Inzaghi.

Quando hai preso consapevolezza dell’importanza di quel gol?
«Inizialmente sapevamo comunque quanto quella partita fosse vitale, ma in questi trent’anni ho capito, grazie alle manifestazioni d’affetto dei tifosi, cosa ha significato quel gol per la storia della Lazio. Per questo devo dire grazie ai tifosi, che ci hanno fatto sentire degli eroi».

Quel gol ha avuto un’importanza maggiore a una Coppa dei Campioni…
«In quella squadra c’erano giocatori che avrebbero potuto fare scelte professionali importanti, andando a guadagnare molto altrove. Abbiamo deciso di restare tutti proprio perché avevamo tanto da dare alla Lazio, sentivamo l’amore dei tifosi e volevamo ricambiarlo».

Qual è stato il momento chiave di quella stagione?
«Sicuramente gli spareggi, ma credo aver iniziato così bene la stagione sia stato fondamentale, anche se forse a Gubbio il discorso di Eugenio Fascetti ci ha fatto capire quanto teneva al fatto che rimanessero tutti. Un’altra partita chiave fu quella col Bari, giocata in modo spettacolare. Quella è stata la svolta che ci ha fatto fare un campionato così importante. Siamo stati un gruppo vero che è riuscito ad arrivare fino in fondo: ricordo personaggi come Enrico Montesano che furono fondamentali, fecero sentire la loro presenza tranquillizzandoci».

La partita fu arbitrata da un grande direttore di gara come Casarin: quale clima c’era in campo quel giorno?
«Non pensi a quello che può succedere dopo, durante la partita sei sereno ma l’adrenalina la vivi prima e dopo, mai durante. Casarin aveva la qualità di saperti tranquillizzare, il pathos di quell’incontro l’abbiamo sentito prima e dopo il match».

Come avete vissuto la notte prima di quella partita?
«Dipende dal carattere della singola persona, come uno è abituato a vivere certe emozioni. La notte prima si è dormito poco, la sensazione più strana fu quando ci alzò la mattina e nessuno era sceso dalle stanze, tutti erano rimasti a pensare e a concentrarsi, senza voler vedere nessuno fino all’ora di pranzo. Fascetti ci disse semplicemente di andare in campo e di ricordarci che eravamo più forti».

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