Rimpianti e rabbia per un pareggio a San Siro: Lazio, questa è la mentalità che ti ha reso grande - Lazio News 24
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Editoriale

Rimpianti e rabbia per un pareggio a San Siro: Lazio, questa è la mentalità che ti ha reso grande

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L’analisi di Milan-Lazio, andata della semifinale di Coppa Italia, terminata con il punteggio di 0-0

Due partite, zero vittorie, tanti rimpianti. La Lazio conclude questo mini-ciclo milanese che lascia e non poco l’amaro in bocca. La sfortuna ha voluto che al cospetto ci fosse il miglior Milan della stagione, rinato e con una chiara identità sotto la gestione Gattuso. I biancocelesti non erano parsi molto brillanti in campionato, ma ieri avrebbero ampiamente meritato il successo. Una grande mole di lavoro svolto, che ha prodotto tante palle gol poi sfruttate male. Due quelle capitate a Immobile, quella del primo tempo più clamorosa. Per passare a quella di Milinkovic che a tu per tu con Donnarumma serve Luis Alberto al centro. E’ mancato ‘solo’ il gol, un paradosso quando la squadra in questione è quella con il migliore attacco del campionato. Probabilmente ha inciso anche la stanchezza della doppia trasferta in tre giorni nel capoluogo lombardo; la Lazio infatti è tornata a Roma domenica notte per poi partire nuovamente martedì mattina. Questa è la componente che più potrebbe aver influito in un momento dove si gioca ogni tre giorni. Con il recupero con l’Udinese, i biancocelesti sono la squadra che giocherà di più in questo periodo. L’augurio è che le partite siano sempre di più. Ora ricomincerà anche l’Europa League, tra un mese ci sarà il ritorno di Coppa Italia, ma la Lazio anche ieri, ha dimostrato di avere una rosa abbastanza ampia per sopperire a tutti questi impegni.

SORPRESE DIFENSIVE
– Il gol non è arrivato, ma non è neanche stato preso e questa di per se non è mai una cosa scontata. La buona notizia arriva dal debutto di Caceres e la conferma ad alti livelli di Luiz Felipe. Radu e Strakosha erano i due titolari e avevano il compito di guidare gli altri due. Debutto assoluto per Martin, che non ha bisogno di presentazioni. Per lui parlano la carriera e i tanti trofei messi in bacheca nonostante abbia ancora 30 anni. La vera sorpresa arriva da Luiz Felipe, a cui Inzaghi ha dato ufficialmente l’investitura di vice-de Vrij. Lo si era intuito già nel secondo tempo di domenica che dopo l’olandese ci fosse lui, ma la tentazione di affidarsi a un uomo con più esperienza come Wallace era tanta. La partita era delicata, eppure il tecnico non ha avuto dubbi nel lanciare un 20enne titolare alla Scala del calcio. Proprio come fece con Strakosha nella passata stagione, Inzaghi ha guardato le qualità prima che la carta d’identità e anche questa volta ha avuto ragione. L’impiego di Luiz Felipe destava molta curiosità tra i tifosi, essendo atteso da un banco di prova non certo banale: il suo compito era quello di non far rimpiangere de Vrij e si può dire che c’è riuscito perfettamente. Il suo avversario diretto non era dei più semplici. Kalinic seppur non abbia grandi qualità da bomber di razza, è un attaccante molto fastidioso, bravo ad agire sempre alle spalle del proprio marcatore. Il croato vive sul filo del fuorigioco, ma ieri il Milan non riusciva a dare profondità all’azione nel primo tempo, quindi l’attaccante spesso era chiamato a fraseggiare. Non gliene ha mai dato modo Luiz, sempre puntuale e pulito negli anticipi aerei e rasoterra. Bravo anche a reggere il confronto in campo aperto nonostante la stazza imponente. Complice anche la buona prova di Caceres, la Lazio torna da Milano con la certezza di avere due titolari in più in difesa.  Esclusa l’occasione clamorosa di Calhlanoglu, Strakosha è stato inoperoso con la retroguardia che non ha mai corso rischi. Uno step importante e fondamentale per diventare una grande squadra è già stato fatto: quando non si riesce a trovare la via della rete è importante non prenderlo. Soprattutto nell’ottica dei 180 minuti, doppi confronti nella quale la Lazio conferma ancora una volta di avere poche rivali.

MENTALITÀ – La Lazio torna da Milano con uno 0-0 che lascia l’amaro in bocca. Questo la dice lunga sulla dimensione che ha raggiunto la squadra, oramai una realtà consolidata del calcio italiano. Partita simile per sensazioni e rimpianti a quella giocata in campionato sempre a San Siro, ma contro l’Inter. Inzaghi è riuscito ad inculcare nella testa dei propri calciatori una mentalità vincente, vista prima da queste parti soltanto negli anni d’oro dell’era ‘Cragnottiana’. Non a caso di quel gruppo faceva parte proprio l’attuale tecnico, un grande uomo dalla spiccata personalità, prima che un grande conoscitore di calcio. La Lazio a differenza dell’anno scorso, adesso non rinuncia mai ad esprimere il proprio gioco e scende sempre in campo con l’idea di voler sempre vincere. Emblematico il cambio di ieri a un quarto d’ora dalla fine con Nani che prendeva il posto di Parolo. Inzaghi sullo 0-0 si sarebbe potuto accontentare e provare a vincerla solo nel ritorno, invece la mentalità trasmessa ai suoi ragazzi non prevede questo. Attaccare sempre, ma con equilibrio: la Lazio è brava ad abbinare un calcio offensivo ad una grande solidità difensiva; cosa più unica che rara. Nello specifico la partita di ieri ha dimostrato la completezza della squadra e la maturità raggiunta dopo quasi due anni di lavoro. I margini di miglioramento sono ancora tanti e Inzaghi e i suoi ragazzi lavorano ogni giorno per superarsi sempre più. La mentalità e le qualità, sommate vogliono dire consapevolezza. In questo momento la Lazio è consapevole di essere forte e lo dimostra in ogni gara. Spavaldi, fieri e allo stesso tempo umili. Con questi principi si arriva lontano.

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