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Gravina: «Non posso essere il becchino del calcio italiano»

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Gravina, il presidente della FIGC è tornato a parlare della difficile decisione di ricominciare il campionato

Il patron della FIGC, Gabriele Gravina, è tornato a parlare della ripresa del campionato ai microfoni di “Che Tempo che Fa” in onda su Rai Due. 

«In questo momento ci sono due gruppi apparentemente contrapposti: la corrente di pensiero di chi ritiene che si debba chiudere tutta l’attività sportiva, e l’altra, che io porto avanti di continuare. E ci sono diverse ragioni: in primis l’opportunità, che si rifà ad elementi oggettivi come il tempo, e io spero che a giugno l’Italia viva un momento di sollievo diverso da questo momento, ma anche ai contenziosi e ciò che potrebbero generare per la confusione, e poi penso alla passione. Stop dal Governo? Questa è una responsabilità che lascio a loro. Io personalmente sì, accoglierei una loro scelta con sollievo: potete immaginare il dramma che sto vivendo nel reggere questa mia battaglia. Il calcio italiano non è una monade che vive in maniera separata rispetto alle altre categorie del paese o a istituzioni internazionali, facciamo parte delle federazione europee e mondiali. Ma c’è il sentimento della speranza, anche».

«Chiedo di essere considerato come movimento d’impatto socio-economico per il paese alla pari di ogni altro settore. La FIGC, grazie anche ai professori Ricciardi, Vaia e alla commissione tecnico-scientifica, un protocollo che garantisce la negatività di un gruppo chiuso. Non vedo troppe preoccupazioni, anche se sul mondo amatoriale è difficile governare, ma stiamo cercando un confronto più ampio anche su questo. Se ho preso in considerazione l’ipotesi di chiudere? No, non posso. Una scelta di questo tipo comporterebbe responsabilità di una gravità inaudita: non posso essere il becchino del calcio italiano. Difendo il movimento calcistico, ma in generale quello sportivo. Non capisco la resistenza nell’avviarne una valorizzazione».

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