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L’analisi del giorno dopo – «Mi chiamo Sergej, risolvo problemi»

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Lazio-Genoa, l’analisi sulle scelte di Simone Inzaghi e sullo svolgimento dal punto di vista tecnico-tattico del match di Coppa Italia

Tanto freddo, tanti brividi, molta paura. L’esordio in Coppa Italia della Lazio, coincide con una partita a dir poco pirotecnica, apparentemente chiusa dopo solo mezz’ora e riaperta in 4 minuti. Inzaghi sfodera poi l’artiglieria pesante e i quarti arrivano puntuali come i gol di Milinkovic e Immobile, diventati imprescindibili per questa squadra, sempre più solida e compatta. Molto turn-over e tanti buoni segnali da chi vede il campo di raro. Il tecnico cercava delle risposte, dato che in questo periodo con partite ravvicinate, c’è bisogno di tutti. Risposte arrivate soprattutto da chi sembrava ormai un corpo estraneo alla Lazio come Djordjevic, oppure dai quasi dimenticati Hoedt e Lukaku. La Coppa Italia è una competizione da sempre molto apprezzata a Formello e per questo, si farà del tutto per arrivare fino in fondo.

APPROCCIO – Tutto bene, tutto perfetto, fino al minuto 41… Da lì in poi, 4 giri di lancette devastanti che rischiavano di compromettere un cammino. La Lazio non aveva rischiato niente prima, anzi aveva il predominio del gioco in mano ed occupava stabilmente la metà campo avversaria, ma probabilmente è subentrata in qualche calciatore quello spirito di rilassatezza che non deve esserci. Il rigore di Felipe Anderson è l’emblema di tutto ciò: partita al limite della sufficienza e passaggio a Lamanna in occasione del rigore. Troppo poco per un giocatore dalle sue qualità, importantissimo nell’economia del gioco offensivo di Inzaghi. Diversamente dal brasiliano, le cosiddette seconde linee, hanno onorato l’impegno come meglio non potevano: ottima la prova di Patric, ormai diventato una certezza, buone quelle di Djordjevic e Lombardi, protagonisti di un grande primo tempo. Il tecnico tiene tutti sulla corda e questi sono i risultati. Dopo qualche momento di sbandamento, tutto è tornato alla normalità e la vittoria è arrivata. Si, perché ormai vincere per la Lazio è diventato così naturale, da non fare nemmeno così tanto notizia.

L’AQUILA SERGEJ – Va in cielo e torna sulla Terra in pochi secondi. Quando arrivano i cross dei compagni e lo si vede in volo, ormai si dà per scontato che riesca a far sua la palla e infatti, il copione è sempre lo stesso. Questa volta le magie non arrivano dalla testa ma dai piedi; quel pallone qualche mese fa lo avrebbe spedito in curva, oggi però è diventato un altro calciatore: consapevolezza dei propri mezzi e il duro lavoro quotidiano, lo hanno reso più continuo e troppo determinante per questa Lazio. Si sente quando c’è, ma soprattutto quando non c’è. Inzaghi voleva farlo riposare, però non è semplice rinunciare a chi con le sue prodezze, spesso toglie le castagne dal fuoco. Copre per tutto il campo, riesce sempre ad essere nel vivo dell’azione sia in fase di possesso attivo che passivo. Era stato presentato come una mezz’ala, ora agisce quasi da seconda punta, riuscendo a sfruttare al meglio le sue doti aree. Tutto bello, tutto perfetto, tranne una cosa: i tifosi laziali già tremano al solo pensiero di veder partire il loro nuovo beniamino.

«ANCORA TU, MA NON DOVEVAMO VEDERCI PIÙ?» – Ancora tu. Anzi, ancora voi. Stefano e Antonio, interisti nel presente e nel futuro, con la Lazio nel passato. I quarti di finale dicono che il 31 gennaio ci sarà l’Inter a San Siro in gara secca. Altro scontro pericoloso, altro incrocio tra ex, però questa squadra non vuole fermarsi avanti a niente. Il 3-0 di campionato ancora brucia e quale migliore occasione di questa per metterselo alle spalle?
Per fare una grande seconda parte di stagione, bisogna invertire il trend con le grandi, mai battute nonostante i 40 punti. Inzaghi tiene particolarmente alla Coppa Italia, l’ha vinta tre volte da calciatore e due da allenatore, sicuramente non snobberà questa competizione, soprattutto perché è l’unica che potrebbe vedere la Lazio, alzare un trofeo. Ora però bisogna pensare al presente e il presente dice Juventus. L’Inter appartiene al futuro e per il futuro ci sarà tempo; in questo momento bisogna rituffarsi sul campionato che vede i biancocelesti quarti in classifica. Si prospetta un percorso tortuoso e ricco di impegni difficili, ma è questo l’unico modo per migliorarsi. Per diventare grandi, bisogna battere i grandi.

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