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Signori: «Ancora oggi ho un grande rimpianto. Tifosi laziali? Amore a prima vista»

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Beppe Signori ha ripercorso i suoi anni alla Lazio ricordando momenti belli, rimpianti e discussioni con allenatori e compagni

Qualche giorno fa il portale francese SoFoot.com aveva stilato la Top 50 dei calciatori più forti ad aver vestito la maglia della Lazio. Fra questi non poteva mancare Giuseppe Signori, idolo tutt’oggi indiscusso della Curva Nord. Per lo stesso sito, Beppe ha raccontato gli aspetti più curiosi della sua esperienza a Roma, cominciata nel 1992: «All’inizio i tifosi erano dubbiosi. Arrivavo da un piccolo club, il Foggia, dove avevamo fatto grandi cose ma non era al livello della Lazio. Arrivo a Roma che ho 24 anni, e so che devo rimpiazzare un campione come Ruben Sosa, che era lì alla Lazio da 4 anni e che aveva segnato più di 40 gol: era una sfida sacra».

ESORDIO IN BIANCOCELESTE – Alla prima partita con la Lazio, Signori segna due gol alla Sampdoria e in un match che termina 3-3: «È un bellissimo ricordo per due ragioni. Innanzitutto perché quella doppietta mi ha permesso di cominciare l’avventura alla Lazio col piede giusto e mi sono sentito in fiducia per il futuro. E poi, io ho segnato al 19′ della partita. Era il primo gol del match e della Serie A 1992/93 e quindi ho ricevuto in premio una cassa di bottiglie di vino offerta dalla Federazione. Un ricordo doppiamente bello».

IL RAPPORTO CON GLI ALLENATORI – A Roma Beppe ha fatto le fortune di due tecnici, Zoff e Zeman mentre con Eriksson la relazione non è nemmeno iniziata: «È difficile dire quale dei tre è il migliore perché hanno tre stili completamente differenti. Zeman è stato un ritorno perché era stato già il mio allenatore ai tempi del Foggia. È lui che mi ha veramente insegnato a segnare i gol. Sono diventato ‘bomber’ grazie a lui. Zoff, invece, è una persona molto più umana. Ha giocato per anni a calcio e conosce perfettamente questo mondo. Da un punto di vista umano, mi ha dato dei consigli davvero importanti per la mia persona e la gestione di me stesso. E pure sul terreno di gioco, mi ha lasciato una grande libertà d’azione. Al contrario, con Eriksson diciamo che non posso giudicare perché il nostro rapporto non è mai cominciato. Non si è ben comportato. Lui è arrivato l’estate del 1997 e mi ha messo subito da parte. Ognuno fa le sue scelte. Lui era l’allenatore, era normale che facesse delle scelte. Ma avrebbe potuto farle con un po’ più di stile, con un po’ più di rispetto. Penso di aver dato molto alla Lazio in cinque stagioni, non dico che ero intoccabile ma potevo essere gestito in un’altra maniera».

LO SCUDETTO – Nell’anno in cui la Lazio corona il sogno di vincere lo Scudetto, “Beppe gol” era già andato via, giocando prima alla Sampdoria e poi al Bologna, ma è come se ci fosse stato anche lui in quella festa: «L’ho vissuto con un sentimento condiviso. Provavo, da una parte, la gioia di vedere la Lazio trionfare. In quella squadra c’erano ragazzi come Negro, Favalli, Nesta, Gottardi, Marchegiani con cui avevo vissuto dei grandi momenti. Ero felice per loro, di aver fatto parte di una grande squadra e di essere stato membro di un progetto che poi si è concluso al meglio. Dall’altro lato, ero triste per non aver potuto esserci. Nella mia carriera ho vinto alcuni titoli come migliore cannoniere, ma non ho mai vinto dei trofei maggiori. Quindi, vedendo ciò mi ripetevo amaramente che tutto questo l’avremmo potuto vincere insieme».

I TIFOSI LAZIALI – Dalla Curva ogni domenica veniva lanciato il coro: «E segna sempre lui e segna sempre lui, si chiama Beppe Signori, si chiama Beppe Signori!». Un amore così grande che furono proprio i tifosi a bloccare nel 1995 il trasferimento al Parma. Tra il calciatore e i tifosi c’era un sentimento sconfinato: «È stata una relazione speciale. Ci siamo subito amati, come un amore a prima vista. Loro si sono riconosciuti in me. Io non ero pretenzioso, ma ambizioso e per loro ero come un simbolo. Io non dimenticherò mai il giorno in cui mi hanno acclamato sotto la curva, per dirmi che sono stato il loro re. Questa è un’immagine che porterò sempre dentro di me. Va al di là dei confini dello sport. Il trasferimento mancato al Parma? In realtà, io ho vissuto quella storia da lontano perché in quel momento eravamo impegnati nella tournée estiva in Brasile. Dal mio punto di vista, non ho mai voluto andare al Parma. Avevo espresso al presidente il mio desiderio di restare perché sapevo che ero nel posto giusto per scrivere il futuro. Cragnotti voleva investire, fare grande il progetto e io volevo far parte proprio di quel progetto. Quindi io ho assistito da lontano a quella manifestazione d’amore. Quell’episodio provò che i tifosi ed io eravamo sulla stessa lunghezza d’onda, andavamo nella stessa direzione».

L’INCUBO CALCIOSCOMMESSE – Nel 2011, quando il nome di Signori uscì nello scandalo del calcioscommesse, Beppe ha trovato ancora una volta il sostegno della gente laziale: «Delle persone che io conoscevo e altre che non conoscevo affatto, tutte mi hanno sotenuto. Mentre vivevo quei momenti così difficili, ricevevo dei video dei tifosi della Lazio che cantavano in mio onore. Quel gesto mi ha profondamente toccato. Il popolo laziale non aveva dimenticato il loro vecchio capitano. E forse è questa la più bella soddisfazione».

SIGNORI, STORIA DELLA LAZIO – Signori è parte della storia della Prima Squadra della Capitale: «Non sta a me dirlo, sono loro che devono dirlo, sono loro che hanno avuto la possibilità di vedermi giocare con quella maglia blu come il cielo. Sono loro che hanno saltato di gioia ad ogni mio gol. Quelli che mi portano nel loro cuore ancora oggi».

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