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Noslin, parla Sarri: «È un giocatore difficile e vi spiego perché»

Lazio News 24

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Noslin, parla Sarri: «È un giocatore difficile e vi spiego perché». Le dichiarazioni del tecnico biacoceleste sul suo attaccante

Un’analisi schietta, senza filtri, in pieno stile Sarri. Il tecnico della Lazio, ospite in diretta su Lazio Style Radio, ha fatto il punto sulla sua squadra, soffermandosi in particolare sul rebus tattico rappresentato da Tijjani Noslin e sul suo rapporto con l’ambiente in questo momento complicato.

Le parole del Comandante sull’attaccante olandese sono un misto di riconoscimento del talento e di critica costruttiva, la fotografia di un giocatore tanto potente quanto di difficile collocazione tattica.

L’enigma Noslin e il rapporto con i tifosi

«È un giocatore difficile per un allenatore, è complicato collocarlo. Ha la gamba da esterno ma non lo è; potrebbe essere un trequartista ma non ha quella qualità; può essere un centravanti ma non lo è in realtà. È un giocatore che in certe situazioni può darci una mano, che ha numeri e qualità. L’interpretazione contro il Torino non mi è piaciuta, sembravamo una squadra con 4 attaccanti. Ci serve più equilibrio. L’ambiente? Io sono un animale da strada. Sono uno che vive di sensazioni e i tifosi che ho incontrato stanno capendo le difficoltà. Le mie 300 panchine in Serie A? Troppe. Queste statistiche non mi interessano, pensiamo alla prossima partita».

L’analisi su Noslin è impietosa ma lucida. Sarri ne riconosce le doti fisiche e la capacità di essere decisivo, ma ne sottolinea i limiti tattici che rendono difficile un suo inserimento in un sistema che richiede equilibrio. La critica alla prestazione contro il Torino, dove la squadra è apparsa sbilanciata, è un chiaro monito: il talento da solo non basta, serve l’applicazione.

Infine, una riflessione personale che svela il Sarri più autentico. La definizione di sé come “animale da strada” che vive di sensazioni spiega il suo legame con una tifoseria che, a suo dire, sta comprendendo le difficoltà del momento. Il suo disinteresse per il traguardo delle 300 panchine è la chiosa perfetta: nessuna celebrazione, nessun autocompiacimento. La testa, come sempre, è solo e soltanto alla prossima partita.

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