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Mihajlovic: «Vedere l’allenamento dei miei ragazzi in tv mi ha tenuto in vita!»

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Sinisa Mihajlovic, tecnico del Bologna, premiato ai Gazzetta Sports Awards

Ieri sera una grande ovazione di pubblico ha accolto Sinisa Mihajlovic, premiato ai Gazzetta Sports Awards con il riconoscimento di ‘Legend‘, dedicato ai più grandi personaggi di sempre dello sport. Ecco le parole dell’allenatore serbo.

PARLA MIHAJLOVIC – «Tre momenti della mia carriera da calciatore? Ne dico 4. Il primo è il pallone di pelle comprato da mio padre, mi ricordo che ci mettevo la crema per ammorbidirlo. Poi la mia prima scarpa – usavo quelle da rugby – e quando ho vinto la Coppa dei Campioni con la Stella Rossa: entrare nella storia del calcio slavo è stato fantastico. Il quarto momento è quando ho avuto la fortuna di giocare con Mancini tutte le partite: gli ho fatto fare un sacco di gol. Ho cominciato a fare questo lavoro grazie a Mancini, una delle soddisfazioni più grandi è stata fare il CT della mia nazionale. Poi quando sono andato al Milan, o alla Sampdoria, ma anche a Bologna: lo scorso anno abbiamo fatto un mezzo miracolo».

L’AFFETTO – «L’affetto ricevuto mi ha aiutato. Io non volevo fare l’eroe, affronto i problemi così. Non mi piace scappare. Ho continuato a fare il mio lavoro perché mi faceva sentire vivo. Non vedevo l’ora di vedere l’allenamento dei miei in diretta in TV dall’ospedale. Sono cose che mi tenevano in vita. Ma soprattutto la mia famiglia, mia moglie Arianna, i miei figli. Le tifoserie, il mondo del calcio, ho sentito tutti vicino. Ringrazio tutti perché mi sono sentito in una grande famiglia. Mi sono sentito perciò in obbligo di far capire alle persone che non bisogna aver paura, ma aver voglia di combattere. Poi non è detto che tutti debbano affrontarla come lo faccio io, ma bisogna darsi piccoli obiettivi. Arianna è stata tutti i giorni con me. Ha dormito su una sedia».

I FAMIGLIARI E CAIRO – «Lei (la mamma, ndr) ora viene, che mi deve far ingrassare un po. Rimpianti? Mio padre aveva il cancro e io non l’ho potuto abbracciare per l’ultima volta. Ora quando bevo la grappa ne prendo una per me e una per lui. Cairo è stato premuroso, gli sono stato molto grato. Mi ha chiamato diverse volte quando ha saputo della malattia, informandosi sui medici e le strutture. Non è una cosa da tutti. Ha mostrato di volermi bene».

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