2014
I ricordi di Signori: “Mi sarei visto laziale a vita ma il rapporto con Eriksson ha cambiato la mia carriera”
Lontano dai microfoni da parecchio tempo, l’ex attaccante biancoceleste e della Nazionale Italiana, Beppe Signori, è stato intervistato durante la trasmissione radiofonica “I Laziali Sono Qua”, sulle frequenze di Elleradio. Ecco le risposte di uno dei bomber laziali più amati di sempre:
Che ricordo hai del tuo primo giorno di Lazio?
“Il mio primo giorno di Lazio è stato abbastanza traumatico. Ho perso il raduno. Dovevo fare le visite, ma non ho trovato Tor di Quinto. Al tempo non c’erano navigatori e mi sono perso insieme a mio padre per le strade di Roma. Alla fine abbiamo chiamato un taxi”.
Com’è stato l’impatto con la gente laziale?
“Arrivavo da Foggia per sostituire un idolo del tifo laziale che era Ruben Sosa. Lui aveva già fatto vedere le sue qualità, mentre io mi ero appena affacciato al palcoscenico della serie A. C’era curiosità, ma anche scetticismo”.
Ti sei presentato con una doppietta a Marassi la prima giornata, in Sampdoria-Lazio 3-3 e tutti hanno capito chi era Beppe Signori…
“Sono partito forte e questo sicuramente ha aiutato me e la squadra a ottenere risultati importanti. Siamo tornati in Europa, dopo tanti anni… Stava nascendo una nuova Lazio, con l’avvento di nuovi campioni, ma soprattutto di un nuovo presidente”.
Hai citato Sergio Cragnotti. Che rapporto avevi e hai tutt’ora con lui?
“L’ho visto giovedì scorso. Passava qui a Bologna e io, nel mio ristorante, ho il suo vino, così ci siamo incontrati. E’ sempre stato un rapporto padre-figlio. A prescindere dalla parentesi della possibile cessione al Parma, c’è sempre stato un rapporto di reciproco rispetto. Il fatto che ancora oggi ci vediamo e andiamo a pranzo o a cena insieme, conferma quanto di positivo io possa pensare di una persona che, come presidente, non mi ha mai fatto mancare niente. Quando vinci la classifica cannonieri per due volte consecutive ti aspetti un adeguamento di contratto. Lui è stato l’unico presidente che se tu gli chiedevi un euro, lui te ne proponeva due…”.
Si parla sempre degli aspetti negativi di Gascoigne. Tu che hai avuto un bel rapporto con Gazza, ci puoi far scoprire qualcosa di lui?
“Ho il ricordo indelebile di una persona disponibile, eccezionale, ma con un carattere, al di fuori del campo,troppo fragile. Probabilmente ha influito in questo anche il rapporto non proprio idilliaco con la famiglia, ma il mio ricordo resta più che positivo. Nelle situazioni più
disperate riusciva sempre a farti sorridere o lui stesso a ridere della propria situazione. Uno che sdrammatizzava, un uomo spogliatoio. Lui con la sua semplicità e anche con le giocate in campo riusciva a venir fuori dalle situazioni più difficili. E’ ovvio che questa dell’alcolismo per lui è una battaglia più complicata. L’ultima volta che l’ho visto fu in occasione di un’amichevole a Malta tra Italia e Inghilterra, prima dei Mondiali del ’94. Mi sembrava stesse abbastanza bene, rincuorato e pensavo che avesse superato questa grossissima difficoltà. Purtroppo oggi leggo che continua a ricadere nello stesso errore. Ma questo non toglie che fosse uno di quei giocatori che faceva la differenza, non solo in campo, perché era unico in tutti i suoi atteggiamenti”.
I tifosi laziali ricordano le tue incursioni nella metà campo avversaria, nelle quali facevi impazzire i difensori avversari. Ma qual è stato il difensore che ti ha più messo in difficoltà?
“Non è per sminuire quelli che ci sono oggi, ma c’erano difensori veri. Si parte da Baresi, Maldini, Costacurta, Galli e Tassotti e questi sono solo quelli del Milan. C’era un giocatore che ho sofferto molto, a prescindere che fosse della Roma. Parlo di Aldair, grande campione sia in campo che fuori. Ci sono quei giocatori che soffri particolarmente, magari per come ti marcano, perché hanno i tuoi stessi tempi. Lui è un giocatore che in due derby non me l’ha mai fatta vedere, questo non lo nascondo”.
Nella tua carriera hai avuto modo di giocare con tanti campioni come te. Qual è quello che più ti ha impressionato come calciatore?
“A certi livelli è difficile dire questo era più bravo dell’altro. Sembra un paradosso, ma il più forte tecnicamente per me era Giovanni Stroppa. Eppure non ha avuto la carriera che meritava, probabilmente perché, nonostante avesse una tecnica fuori dal comune, mentalmente non è riuscito a fare il salto di qualità. Poi non ho mai visto nessuno saltare come Riedle. Nonostante non avesse un’altezza straordinaria, riusciva a restare in aria quel secondo in più rispetto al difensore che gli permetteva di rubargli il tempo e fare gol. Poi c’è Boksic. Reputo Alen uno dei talenti più forti mai esistiti. Aveva una forza esplosiva associata a una tecnica che lo rendeva devastante. Gli mancava solo essere un po’ più concreto sotto porta”.
Tornando indietro nel tempo, c’è qualcosa che cambieresti della tua esperienza alla Lazio?
“Sicuramente avrei preferito che andasse diversamente il rapporto con Eriksson. E’ stato quello che mi ha fatto prendere una decisione importante per la mia carriera, ma che non avrei mai voluto fare. Io mi sarei visto a vita laziale. Il problema non era se giocassi o meno, era una questione umana. Essere trattato ‘come uno della Primavera’ dopo quello che avevo fatto mi sembrava eccessivo. Ogni allenatore ha le sue idee ed è pagato per fare delle scelte, ma queste non devono prescindere il rispetto per la persona”.
Il gol più bello che hai mai segnato…
“Quello in Lazio-Inter 3-1 del ’92. E’ il classico gol che tutti sognano. Riuscire a dribblare tutti e poi far gol. E’ il più bello perché dentro c’è tutto. C’è forza, convinzione, tecnica… è completo.”
Anche quello al Pescara non era male…
“Ma lì sono stato sfortunato perché Gazza l’ha fatto più bello del mio…“.
In allegato il podcast dell’intervista
Rocco Fabio Musolino