2014

Lettere dal 1900: Tutto il resto striscia

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Centoquattordici è una bella cifra, in special modo per la Polisportiva più grande d’Europa. Pochi ne hanno viste tante quanto i laziali in tutto questo tempo; sono passati quarant’anni dallo Scudetto della banda Maestrelli, ma sono passate anche Coppe europee, scandali, retrocessioni. Sono passati uomini, prim’ancora che calciatori. Grandi uomini, e grandi calciatori. Non saremmo quello che siamo senza le prodezze dei Chinaglia e dei Boksic – e, perché no, dei Del Nero contro la Dinamo Bucarest.  E meno ancora saremmo senza esserci fatta la pelle dura col calcioscommesse, di ieri e di oggi. Con ogni singolo momento di pece che ha fatto vacillare persino il tifoso più viscerale.

Cos’abbiamo oggi? Poco. Non viviamo certo l’era radiosa della Società. Il bagaglio culturale è immensurabile, quando tifi Lazio. E in questo il calcio giocato diventa quasi l’aspetto prosaico di un amore. Un amore che ben sappiamo come ogni forza, endogena o esogena, voglia far vacillare in continuazione. Potrebbero far vacillare le sterili prospettive della squadra allestita, adatta forse a ben figurare nella povera Serie A di qualche anno fa, ma non più nel campionato in grande ascesa di oggi. Potrebbe far vacillare la coppia Reja-Bollini – per incompatibilità dei ruoli, non per colpe dell’uno o dell’altro. Potrebbe far vacillare il destino mai noto delle investigazioni su Stefano Mauri. Ogni forza, endogena o esogena, può giocare un ruolo nel far crollare gli equilibri, fragili per definizione.

Possiamo sognare? Dipende dal sonno in cui si versa. Un altro paio di acquisti fuori luogo, piuttosto che una cessione chiave, avrebbero l’effetto di un domino. Al contrario, ritrovare alcuni giocatori e lanciarne altri potrebbero scatenare quella maledetta incognita che fa del calcio un gioco imprevedibile, capace di tradire ogni numero e valore pur di consegnare alla storia risultati che nessuno sarebbe in grado di spiegare. Ma, dietro i tanti volti del Fato, l’uomo deve lavorare al meglio possibile per averlo a proprio favore. Questa società lo sta facendo? 

Non posso dirvi dove finirà questa Lazio, né quanto in là nel tempo sia segnato l’epilogo, meraviglioso o infausto che sia. Quel che mi sento di dirvi – di condividere – è che i vermi serpeggiano persino nel seno delle Aquile. Soltanto un lavoro più che all’altezza di tutte, e dico tutte le grandi squadre, d’Italia e d’Europa, potrà essere considerato all’altezza di questi centoquattordici anni. Un lavoro da mediocre società? E’ un verme. Un lavoro da società adatta agli scorsi anni della Serie A? E’ un verme. Cos’è un verme? Tutto ciò che abbia il potere di ricordare perché, e soprattutto come, ci siamo fatti la pelle dura. Attenti ai vermi: essi sono tutto, fuorché l’Aquila. Perché l’Aquila vola. Tutto il resto striscia.

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