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Lazio, sei tanto bella quanto incompiuta!

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L’analisi tecnico-tattica di Lazio-Milan, decisa da un gol per tempo siglato prima da Biglia e poi da Suso a 5′ dalla fine

Troppo bella, troppo incompiuta, troppo sprecona. Semplicemente e maledettamente, sempre troppo Lazio! Solito copione, ripetuto con Bologna, Crotone, Chievo e Milan, per un totale di 5 miseri punti. Qualcuno lo chiama poco cinismo, altri sfortuna, fatto sta che le occasioni arrivano, i gol no. Il numero delle  azioni create è imbarazzante, così come sono imbarazzanti quelle create dagli avversari, non pervenuti fino al minuto 85. Troppo superficiali sotto porta e nel contrastare Suso, che solo in mezzo a 3 maglie biancocelesti, è riuscito a trovare lo spazio necessario per concludere. Troppo belli per essere grandi. Solita Lazio, soliti problemi. Altra partita dominata e non vinta. Altro pareggio al gusto di sconfitta. Il bicchiere non può che essere mezzo vuoto, di buono resta la prestazione e la fase difensiva, impeccabile in tutti gli interpreti. I centrocampisti hanno corso avanti e dietro, senza far mai mancare un supporto a attaccanti e difensori. Poteva fare sicuramente di più Milinkovic, non all’altezza dei due compagni di reparto. Sulla sua prestazione, pesa quel pallone giocato con troppa sufficienza nel finale, riconquistato dal Milan e messo alle spalle di Strakosha. Il serbo non è mai entrato in partita, sbagliava passaggi elementari e non essendo mai incisivo in area avversaria, fondamentale in cui lui si è sempre distinto. Lo stesso si può dire di Keita, completamente avulso al gioco e costantemente fuori dalla manovra. Gioca soltanto con il pallone tra i piedi, essendo comunque poco devastante nei suoi repentini uno contro uno. A lui qualche alibi va concesso, avendo preso parte a una competizione stressante come la Coppa D’Africa, ma queste prestazioni dovrebbero far riflettere, in primis il calciatore e poi chi ne fa le veci. Discorso opposto per Felipe Anderson, la cui prestazione rappresenta come meglio non potrebbe i suoi 4 anni di Lazio. In 90 minuti è racchiuso tutto: bellezza delle sue giocate, poca concretezza nel finalizzare l’azione, il tutto condito dai soliti problemi caratteriali, che ne hanno sempre limitato le prestazioni. Quando capirà la sua reale forza, anche la Lazio riuscirà finalmente a trarne beneficio.

BELLI A METÁ – Discorsi quelli precedenti che potevano facilmente essere vanificati, se solo Immobile un minuto prima del gol di Suso, avesse scaraventato in rete, un cioccolatino solo da scartare. C’era anche Anderson tutto solo al centro, ma il bomber napoletano ha voluto concludere, facendo passare a Donnarumma, l’ennesima serata da eroe. Risulta quasi impossibile continuare a perdere punti così, eppure quando sembra che la lezione sia stata imparata, puntualmente qualche domenica dopo, il copione si ripete. Iniziano a essere troppe le partite buttate al vento per l’eccessivo leziosismo e il poco cinismo. Ora la classifica presenta il conto e fa perdere alla Lazio, due posizioni in un colpo solo. Mentre ieri si continuava a guardare quel terzo posto, lontano ma ancora raggiungibile, oggi ci si preoccupa di non centrare nemmeno l’Europa League. Questo è il prezzo da pagare quando ci si ritrova una squadra inesperta, alle prime armi con certi palcoscenici. Una squadra che è lo specchio del proprio condottiero, anch’egli, giovane e alla prima avventura in un campionato di Serie A. Il segreto di questa squadra è proprio lui, Simone Inzaghi, perfetto fino ad’ora, se non in qualche circostanza particolare. Probabilmente, essendo stato un grande calciatore, nella partita di ieri poteva avvertire il pericolo a cui si stava andando in contro e correre ai ripari prima di incassare l’1-1. Quando si crea troppo e non si concretizza, l’epilogo più scontato è quello di subire il pareggio e da un uomo meticoloso e pragmatico come lui, ci si aspettava qualche segnale. In partite meno pericolose, spesso è stato fatto entrare Wallace, ridisegnando a 5, una difesa inizialmente a 4, cosa non avvenuta ieri, nonostante la squadra avesse speso molto. Milinkovic non era in serata e tenerlo in campo fino alla fine è stato deleterio. I due cambi poi, effettuati a pareggio subito, appaiono un ammissione di colpa involontaria, di chi a posteriori, provava a rimettere in carreggiata la propria squadra, sapendo comunque di aver percepito il pericolo troppo tardi. Peccato, poteva essere e non è stato. Potevano essere 3 punti, poteva essere una vittoria contro una grande, poteva essere un’importante iniezione di fiducia. Poteva essere, ma non è mai. Con la Lazio è sempre così: ciò che appare facile, puntualmente diventa difficile. Quando si alza l’asticella, si abbassa la concretezza e l’ansia da prestazione contro una big, torna puntualmente ad essere un’acerrima nemica.

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