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Focus – Lazio, la maledizione della fascia di capitano

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FOCUS LAZIO NEWS 24 – Da Nesta a Biglia: quella strana maledizione che colpisce puntualmente chi indossa la fascia di capitano

Un simbolo, l’emblema di un calcio che, oggi forse, non esiste più. Uno sport sensazionale fatto di bandiere, di eroi che per la maglia vendevano cara la pelle. La fascia di capitano non è un soltanto un pezzo di stoffa, messo così. A caso. Sul braccio del primo giocatore che si presenta. E’ un segno di riconoscimento, un motivo d’orgoglio per chi la indossa. Come un cimelio storico, che si tramanda gelosamente di padre in figlio. Che conferisce un ruolo fondamentale. Che attribuisce una grossa responsabilità. Quella di rappresentare l’identità di un club, il suo popolo, i suoi colori. Trascinatore in campo, leader dello spogliatoio, uomo esemplare fuori dal terreno di gioco. I requisiti per indossarla sono questi e la Lazio, soprattutto in passato, ha avuto capitani degni di essere chiamati tali. Un nome solo su tutti: Alessandro Nesta. ‘Romano de Roma’ è probabilmente lui il personaggio ideale a coprire quel ruolo. L’ex difensore è ancora oggi il più amato dai tifosi biancocelesti, il primo anche però ad iniziare quella sfilza di nomi che hanno sofferto «la maledizione della fascia di capitano».

CESSIONI OBBLIGATE E MANCATA RICONOSCENZA – Strano caso del destino, pura coincidenza, vera e propria maledizione. Si può usare qualsivoglia di queste definizioni. Certo è che negli ultimi quindici anni la fascia della Lazio è diventata un tabù. Dall’addio forzato di Nesta nel 2002, ceduto per necessità dal presidente Sergio Cragnotti («In quel momento il club aveva molti debiti. Nello stesso anno in cui mi hanno venduto, è andato via anche Crespo, mentre nella stagione precedente ci salutò Nedved. Fu una decisione sofferta, ma più giusta per la Lazio»), passando per le cessioni ‘senza sentimento’ di Tommaso Rocchi e Cristian Ledesma da parte del patron Claudio Lotito. La questione fascia mandò in declino nel 2015 pure la banda di Stefano Pioli: promessa ad Antonio Candreva in fase di rinnovo, finisce invece sul bicipite di Biglia. Era l’anno in cui Stefano Mauri aveva abdicato dopo aver contribuito a portare la squadra ai preliminari di Champions League. Il vice era Stefan Radu. Colui che contro la Fiorentina, sempre in quella stagione, provò a investire il giovane Danilo Cataldi di un impegno forse più grande di lui. Anni che sembrano secoli, perchè quel sogno è andato via via svanendo. È terminato inesorabilmente con la folle esultanza, durante l’esperienza al Genoa, ad un gol proprio contro la sua Lazio.

RUMORS DI MERCATO – Caldo torrido, sole cocente, temperature da record. E come se non bastasse, ad infiammare l’estate romana ci si mette anche il calciomercato. Dubbi tanti, certezze? Nessuna. Attesa e preoccupazione accompagnano come sempre i tifosi della Lazio in questo periodo dell’anno. Il termometro, poi, sale ancor di più se si parla della vicenda Biglia. Un addio tanto clamoroso quanto ormai scontato, un comportamento inatteso, una storia degna di essere raccontata dal programma ‘Alta infedeltà’. Tutti esultarono a gennaio quando l’argentino esclamava: «Devo ancora incontrarmi con la società, ma resterò qui». Affermazione che nel giro di pochi mesi si è trasformata in un «non so se rimango». Stupore, incredulità, un boccone amarissimo da digerire. Soprattutto perchè a rendersi protagonista non è un calciatore qualsiasi, è l’attuale capitano. E così i biancocelesti si trovano ancora una volta a dover scegliere un nuovo condottiero. Tutti gli indizi portano a Stefan Radu (nella Capitale dal lontano 2008), mentre una parte sostanziosa della tifoseria spinge per l’uomo della storia, Senad Lulic. Questioni complicate, nodi da sciogliere, quell’aura strana e preoccupante intorno alla fascia. Mister Simone Inzaghi dovrà mettere da parte la scaramanzia, la Lazio ha bisogno di una nuova guida carismatica.

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