Corapi e il ritiro della Lazio: "Scelta giusta, dovranno scendere in campo con determinazione e convinzione" - Lazio News 24
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2015

Corapi e il ritiro della Lazio: “Scelta giusta, dovranno scendere in campo con determinazione e convinzione”

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Ora tutto dipende dall’ultima partita di domenica, la Lazio si gioca tutto al San Paolo. Proprio per questo Pioli ha chiesto e ottenuto che tutta la squadra rimanga in ritiro a Formello da giovedì a domenica. A tal proposito ai microfoni di Radio Olympia è intervenuto il mental coach Sandro Corapi. 

 

Pensa sia giusta la decisione di portare i giocatori in ritiro? 

“Sicuramente ricordo quello che è successo a Norcia, si veniva da una sconfitta bruciante, che ho definito ‘benedetta sconfitta’. Perché in quel momento era importante mettere i piedi per terra. A quel punto è stato imposto il ritiro, giustamente. Il presidente e Tare hanno dato indicazione di andare in ritiro è così è stato. I giocatori nella fase iniziale non lo vivono positivamente, soprattutto il primo giorno. Poi con il passare del tempo è sempre meno un peso, il gruppo si amalgama, si crea uno spirito di orgoglio e appartenenza. Così il gruppo si cementa di più e l’obiettivo del ritiro viene raggiunto. Ora non so in questo caso di chi sia stata l’idea, ma è comunque vincente. Il ritiro ti mette nelle condizioni di poter esprimere al meglio il tuo potenziale. La partita è vissuta come una liberazione a livello mentale e questo porta i giocatori a dare il meglio di sé durante la prestazione”.

Nel ritiro di Norcia quale era la situazione che ha trovato? 

Ho trovato dei ragazzi splendidi in assoluto. Dopo la fase iniziale del ritiro ci si è divertiti tantissimo: il mio obiettivo era stemperare un po’ il clima e per questo ho ideato una serie di  attività dal punto di vista psicologico per diminuire la tensione. Troppa tensione leva energie a livello muscolare ed è importante mettere in atto strategie tecniche per farla diminuire. Lo stress distrugge le energie muscolari. Io all’epoca misi in atto attività che coinvolgevano tutti quanti, anche il mister all’epoca. Fare giochi particolari a cui partecipavano tutti”

Come si prepara una partita così a livello mentale? 

Il mister avrà la sua strategia ed è importante che faccia ciò in cui crede. È il leader indiscusso e deve portare avanti le sue idee, magari attingendo ad altre fonti che possano essere un supporto per lui. Di certo deve fare cose semplici, nel calcio non bisogna inventarsi nulla. Alcune dinamiche devono essere curate nei dettagli, non solo nella gestione del gruppo ma anche a livello individuale. Ogni giocatore ha la sua testa, i suoi bisogni, il suo talento. Il mister deve parlare con ogni giocatore, questo è quello che farei io e che credo faccia anche Pioli. Ed è importante non solo parlare o dire qualcosa, è importante il come agire. Non basta dire ‘devi essere convinto’, ma come si raggiunge quello stato di convinzione di massima performance. Lì subentrano delle tecniche ad hoc che a livello inconscio incidono per migliorare la prestazione. Qua purtroppo nessun mister in Italia, a meno che non sia un mental coach e abbia fatto 20-30 anni di studi, può farlo”.

Cambiano le tecniche e il modo di approcciarsi quando si lavora a livello individuale e collettivo?

Bisogna a livello di gruppo spiegare le linee guida di massima e poi andare in profondità a livello individuale. A livello di team coaching si sviluppano alcune strategie che hanno l’obiettivo di parlare la stessa lingua e creare un obiettivo comune, un’unica mentalità, un’unica strategia è un unico modo di pensare. Se ben vi ricordate una delle tante strategie utilizzate all’epoca era stata quella di lavorare sul linguaggio del corpo: ogni giocatore doveva scendere in campo in un certo modo, diventando il motivatore del compagno. È questo ha inciso molto perché se vi ricordate durante la finale del 26 maggio la squadra era una corazzata, concentrata e scesa in campo per vincere. Quello era l’obiettivo primario”.

Adesso qualche tifoso della Lazio ce l’ha un po’ con lei per aver caricato troppo Hernanes…

“Ci sono giocatori che mi vogliono e squadre che mi vogliono. Io non prego nessuno per mettere a disposizione  la mia esperienza, ci vuole volontà e intelligenza da parte di giocatori, allenatori o società per avvalersi di un know-how che è  indispensabile in una squadra. Nessun allenatore può svolgere un’attività talmente specifica e delicata. Ogni giocatore ha le sue esigenze ed emozioni, affronta la partita in un modo o nell’altro. Ci sono dinamiche particolari e il know-how è ampio. In tante squadre anglosassoni,soprattutto, il Mental coach è una figura stabile già dalle giovanili. Solo in Italia si pensa che sia una figura superflua. Chiudendo il discorso di Hernanes, con lui abbiamo lavorato perché era praticamente scomparso dalla scena, non era sicuramente una prima scelta di Mancini. Lì abbiamo utilizzato una serie di accorgimenti e strategie che lo hanno portato a essere un giocatore completamente diverso. E lo abbiamo visto. Questo è quello che fa un mental coach”.

Quale è il messaggio che darebbe alla Lazio in vista dell’ultima partita con il Napoli?

“Bisognerebbe vedere il contesto, qua si tratta di creare un slogan. La squadra si deve guardare negli occhi e scendere in campo con la convinzione e determinazione per fare sì che ogni giocatore sia da supporto per gli altri e non viceversa. Per far sì che il talento del singolo sia messo a disposizione degli altri bisogna  eliminare ogni pregiudizio ed essere una squadra coesa. Oserei dire, diventare la testuggine. Se avete visto il film ‘Il Gladiatore” è la testuggine che vince. Perché se una persona gioca da sola non va da nessuna parte, ma se il talento del singolo viene messo al servizio del gruppo con una ferocia mai vista. Solo così si vincono le partite”.

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